- 1. La classe Divisa
- 2. Il fumo nella stanza
- 3. La scala del pianoforte
- 4. L’esperimento sociale della Carlsberg
- 5. Il violinista nella metro
- 6. L’esperimento della caverna dei ladri
- 7. Il test del Marshmallow
- 8. L’esperimento di Milgram
- 9. Il falso consenso
- 10. L’incidente automobilistico
- 11. L’esperimento del gorilla invisibile
- 12. Monster Study
- 13. Effetto Hawthorne
- 14. Effetto Alone
- 15. L’esperimento della bambola Bobo
- 16. Effetto spettatore
- 17. L’esperimento di Asch
- 18. L’esperimento del buon samaritano
- 19. L’esperimento di Fantz
- 20. L’esperimento di Facebook
- 21. La terza onda
- 22. La dissonanza cognitiva
- 24. L’esperimento “Lost in The Mall”
- 25. L’esperimento della prigione di Stanford
- 26. Il riflesso condizionato
- 27. L’impotenza appresa
- 28. L’esperimento del piccolo Albert
L’essere umano è sempre stato affascinato dal funzionamento della propria mente e dai motivi che lo spingono ad agire in un determinato modo. Tuttavia, solo all’inizio del XX secolo gli esperimenti in psicologia sono decollati, comprendendo una vasta gamma di aree, dagli studi antropologici al comportamento sociale e ai complessi processi biologici che si verificano nel cervello.
Gli studi di psicologia sperimentale ci hanno fornito una comprensione più profonda del perché agiamo in un determinato modo e hanno documentato come siamo tutti un po’ meno padroni di noi stessi e vittime del pregiudizio.
I professionisti di Interapia hanno compilato una lista di alcuni degli esperimenti psicologici più famosi e rivoluzionari che sono stati condotti nell’ultimo secolo.
Dai un’occhiata alla lista qui sotto e se vuoi parlaci della tua esperienza.
1. La classe Divisa
Questo esperimento è stato condotto dall’insegnante Jane Elliott nel 1968, in seguito all’assassinio del reverendo Martin Luther King. Elliott cercò di discutere di discriminazione e razzismo con i suoi alunni di terza elementare a Riceville, Iowa.
Sentendo che la discussione non interessava particolarmente la sua classe, l’insegnante iniziò un esercizio di due giorni “occhi azzurri/occhi castani” con lo scopo di far comprendere ai bambini l’ingiustizia della discriminazione e del razzismo. Il primo giorno gli studenti con gli occhi azzurri ricevevano un trattamento preferenziale e venivano fatti sentire superiori a quelli con gli occhi scuri. Il secondo giorno Elliott invertì la procedura, privilegiando gli alunni con gli occhi castani.
In questo esperimento si notò che il gruppo favorito da Elliott, qualunque esso fosse, si comportava con entusiasmo in classe, rispondeva alle domande in modo rapido e accurato e ottenevano risultati migliori nei test; mentre coloro che venivano discriminati si sentivano più abbattuti, erano più titubanti e incerti nelle loro risposte e ottenevano scarsi risultati nei test.
2. Il fumo nella stanza
Come ci comportiamo se siamo in una stanza e vediamo del fumo provenire da sotto la porta? Questo esperimento è stato condotto su un gruppo di persone che stava portando a termine un questionario.
Quando queste erano sole nella stanza, il 75% segnalava la presenza del fumo quasi immediatamente.
Tuttavia, quando nella stanza erano presenti anche due attori, istruiti su come comportarsi (fare finta di non notare niente di strano), solo il 10% delle persone segnalava il potenziale pericolo. 9 soggetti su 10 hanno continuato a lavorare sul questionario, sfregandosi gli occhi e tossendo di tanto in tanto.
L’esperimento è stato un ottimo esempio di come le persone rispondano più lentamente (o per niente) a situazioni di emergenza in presenza di altri soggetti passivi.
Sembriamo fare molto affidamento sulle risposte degli altri anche contro i nostri stessi istinti. Se il gruppo si comporta come se tutto andasse bene allora deve essere così, giusto? Sbagliato. Non lasciare che la passività degli altri si traduca nella tua inerzia.
Non dare sempre per scontato che qualcun altro ti aiuterà, che qualcuno è incaricato di agire per conto di altri. Sii tu ad agire!
3. La scala del pianoforte
Con questo esperimento chiamato “The Fun Theory” (la teoria del divertimento), la Volkswagen voleva dimostrare che il comportamento delle persone può essere migliorato rendendo più divertenti le noiose attività quotidiane.
L’azienda dipinse una tastiera di pianoforte sulle scale di una stazione della metropolitana di Stoccolma, predisponendo ogni gradino all’emissione di una nota sonora. Lo scopo era quello di indurre più persone a scegliere l’opzione più salutare, ovvero usare le scale invece delle scale mobili.
I risultati hanno mostrato che quel giorno il 66% di persone in più ha fatto le scale rispetto al solito, dimostrando che la teoria del divertimento funziona.
4. L’esperimento sociale della Carlsberg
In questo esperimento sociale del birrificio danese Carlsberg una serie di coppie entrano, una alla volta, in un cinema affollato, dove sono rimasti liberi solo due posti, proprio nel mezzo, mentre tutti gli altri sono occupati da motociclisti dall’aspetto piuttosto duro e tatuato.
Solo pochissime coppie occupano i posti liberi. La maggioranza preferisce andare via. Chi resta è premiato con gli applausi della folla e un giro di birre Carlsberg gratuite. L’esperimento dimostra come i pregiudizi spesso ci ingannano.
5. Il violinista nella metro
Nel gennaio 2007 circa un migliaio di pendolari mattutini che passavano per una stazione della metropolitana di Washington D.C. hanno assistito, senza pubblicità, a un mini-concerto gratuito. Il concerto venne eseguito dal violinista Joshua Bell col suo violino Stradivari del 1713 da 3,5 milioni di dollari.
Solo 6 persone si sono fermate ad ascoltare per un po’, mentre 20 passanti gli diedero qualche spicciolo, ma continuarono a camminare per la loro strada. Alla fine del concerto nessuno gli applaudì e il violinista raccolse 32 dollari. Nessuno si accorse che uno dei migliori musicisti al mondo aveva suonato uno dei pezzi più intricati mai scritti con un violino pregiatissimo.
L’esperimento ha sollevato alcune domande interessanti su come non solo valutiamo la bellezza, ma quanto l’ambientazione e la presentazione fanno la differenza. Tre giorni prima, Bell aveva suonato alla Symphony Hall di Boston, dove c’era stato il tutto esaurito e i biglietti costavano oltre 100 dollari.
6. L’esperimento della caverna dei ladri
Questo esperimento ha testato la teoria del conflitto realistico ed è un esempio di come atteggiamenti e comportamenti negativi sorgano tra gruppi a causa della competizione per risorse limitate.
Gli sperimentatori hanno portato due gruppi di ragazzi di 11 e 12 anni in quello che pensavano fosse un campo estivo. Per la prima settimana i due gruppi di ragazzi sono stati separati e non si conoscevano. Durante questo periodo, i ragazzi hanno stretto un legame con gli altri ragazzi del loro gruppo.
Nella seconda settimana i due gruppi si sono conosciuti e hanno gareggiato in competizioni. Subito sono nati conflitti e ostilità tra i gruppi. Infine, nella terza settimana, gli sperimentatori hanno creato le condizioni che richiedevano a entrambi i gruppi di lavorare insieme per risolvere un problema comune.
Alla fine dell’esperimento, dopo che i gruppi avevano lavorato insieme sui compiti, la creazione di amicizie tra i gruppi era aumentata in modo significativo, dimostrando che la socializzazione lavorativa tra i gruppi è uno dei modi più efficaci per ridurre il pregiudizio e la discriminazione.
7. Il test del Marshmallow
L’esperimento del marshmallow è uno studio sulla gratificazione ritardata condotto dallo psicologo Walter Mischel all’inizio degli anni ’70.
Bambini dai quattro ai sei anni venivano condotti in una stanza dove un dolcetto (di solito un marshmallow) era stato posizionato su un tavolo. I bambini potevano mangiare il dolce, ma se avessero aspettato per quindici minuti senza cedere alla tentazione, sarebbero stati ricompensati con un secondo dolcetto.
Negli oltre 600 bambini che hanno preso parte all’esperimento, una minoranza ha mangiato subito il marshmallow, mentre la maggior parte cercava di mettere in atto delle strategie per mantenere l’autocontrollo (alcuni si coprivano gli occhi o si giravano per non vedere il dolce, altri prendevano a calci la scrivania o accarezzavano il marshmallow come se fosse un peluche). Di coloro che hanno tentato di ritardare, un terzo ha rinviato la gratificazione abbastanza a lungo da ottenere il secondo marshmallow. L’età è stata una delle principali determinanti della gratificazione differita.
Negli studi di follow-up, i ricercatori hanno scoperto che i bambini che erano in grado di aspettare più a lungo per la ricompensa più grande tendevano ad avere risultati di vita migliori, misurati dai punteggi SAT, dal livello di istruzione, dall’indice di massa corporea e da altre misure di vita.
8. L’esperimento di Milgram
Questo esperimento è stato condotto nel 1961 dallo psicologo Stanley Milgram ed è stato progettato per misurare fino a che punto le persone avrebbero obbedito alle figure autoritarie, anche se le loro richieste procuravano sofferenza ad altre persone.
Ai soggetti veniva chiesto di svolgere il ruolo di insegnante e di somministrare scosse elettriche allo studente, un attore che si trovava in un’altra stanza, ogni volta che rispondeva erroneamente a una domanda. Lo studente, rispondendo intenzionalmente alle domande in modo errato e fingendo di ricevere le scariche elettriche, chiedeva pietà.
Nonostante queste proteste, molti soggetti hanno continuato a somministrare la scarica elettrica quando una figura autoritaria, lo “sperimentatore”, li ha esortati a farlo. Alla fine, il 65% dei soggetti ha somministrato quelle che sarebbero state letali scosse elettriche (il livello più alto di 450 volt).
I risultati hanno mostrato che è probabile che le persone comuni seguano gli ordini impartiti da una figura autoritaria, fino al punto di uccidere un essere umano innocente. L’obbedienza all’autorità è semplicemente radicata in tutti noi, dal modo in cui siamo cresciuti da bambini.
9. Il falso consenso
In questo esperimento, i ricercatori hanno chiesto agli studenti universitari se sarebbero stati disposti a camminare per il campus per 30 minuti indossando un cartellone pubblicitario a forma di sandwich con il messaggio: “Mangia da Joe”. Dopodiché i ricercatori hanno chiesto agli studenti di stimare quante altre persone avrebbero accettato.
Gli studiosi hanno scoperto che coloro che hanno accettato di indossare il cartellone credevano che anche la maggior parte delle persone avrebbe accettato; mentre coloro che hanno rifiutato hanno pensato che anche la maggior parte delle persone avrebbe rifiutato. Quindi, indipendentemente dal fatto che accettassero o meno, i partecipanti erano fermamente convinti che la maggior parte delle persone avrebbe fatto la stessa scelta.
I risultati dimostrano quello che in psicologia è noto come effetto del falso consenso. Indipendentemente dalle nostre convinzioni, opzioni o comportamenti, tendiamo a credere che la maggior parte delle altre persone sia d’accordo con noi e agisca nel nostro stesso modo.
10. L’incidente automobilistico
Nel 1974 fu condotto da Elizabeth Loftus e John Palmer un esperimento che mirava a dimostrare che formulare domande in un certo modo poteva influenzare il ricordo di un testimone oculare, distorcendo i loro ricordi di un evento specifico.
A una serie di persone furono fatte vedere immagini di due auto protagoniste di un incidente automobilistico e fu chiesto loro di stimare a che velocità andassero i veicoli. A seconda del verbo usato nella domanda (colpito, urtato, schiantata e distrutta) le persone aumentavano la stima della velocità percepita. In altre parole, la testimonianza oculare potrebbe essere distorta dal modo in cui vengono poste le domande.
11. L’esperimento del gorilla invisibile
Immaginate di guardare un breve video in cui sei persone, tre con magliette bianche e tre con magliette nere, si passano palloni da basket. Mentre guardi, devi tenere un conteggio silenzioso del numero di passaggi effettuati dalle persone in camicia bianca. Ad un certo punto, un gorilla entra nel mezzo dell’azione, affronta la telecamera e si batte il petto, quindi se ne va, trascorrendo nove secondi sullo schermo. Vedresti il gorilla?
Quasi tutti hanno l’intuizione che la risposta è “sì, certo che lo farei”. Come può qualcosa di così ovvio passare completamente inosservato? Ma durante questo esperimento all’Università di Harvard diversi anni fa, si scoprì che metà delle persone che guardavano il video e contavano i passaggi non vedevano il gorilla. Era come se il gorilla fosse invisibile.
Questo esperimento dimostra come spesso non vediamo tante cose che accadono attorno a noi.
12. Monster Study
Negli anni ’30 si pensava che le balbuzie avessero una causa organica o genetica. Il logopedista Wendell Johnson con questo esperimento voleva dimostrare l’inesattezza di questa teoria.
Il dottor Johnson credeva che l’etichettatura dei bambini come balbuzienti potesse effettivamente peggiorarli e, in alcuni casi, far sì che i bambini “normali” iniziassero a balbettare. Per dimostrare il suo punto, Johnson reclutò 22 bambini orfani per l’esperimento denominato successivamente “Monster Study”.
I bambini sono stati divisi in due gruppi. I primi sono stati etichettati come “parlanti normali” e i secondi come “balbuzienti”. Fondamentalmente, solo la metà del gruppo etichettato come balbuziente ha effettivamente mostrato segni di balbuzie.
Durante il corso dell’esperimento, i normali oratori hanno ricevuto un incoraggiamento positivo, mentre il gruppo etichettato “balbuzienti” ha ricevuto lezioni sulle balbuzie e i bambini con questa etichetta venivano sminuiti per ogni imperfezione del linguaggio.
Dei sei bambini “normali” nel gruppo dei balbuzienti, cinque hanno iniziato a balbettare dopo la terapia negativa. Dei cinque bambini che avevano balbettato prima della loro “terapia”, tre sono peggiorati. In confronto, solo uno dei bambini nel gruppo etichettato come “normale” ha avuto maggiori problemi di linguaggio dopo lo studio.
Rendendosi conto del potere del loro esperimento, i ricercatori hanno cercato di riparare il danno che avevano fatto, ma senza successo. Sembrava che gli effetti dell’etichettatura dei bambini balbuzienti fossero permanenti. Questo è qualcosa che gli orfani etichettati come balbuzienti hanno dovuto affrontare per il resto della loro vita.
Nel 2001 l’Università dell’Iowa, dove è stato condotto lo studio, si è scusata formalmente e ha definito l’esperimento deplorevole e indifendibile.
13. Effetto Hawthorne
Con effetto Hawthorne si indica l‘insieme delle variazioni di un fenomeno, o di un comportamento, che si verificano per effetto della presenza di osservatori. Questo fenomeno è stato scoperto negli anni ’20 dai sociologi Elton Mayo e Fritz J. Roethlisberger durante un esperimento che mirava ad indagare gli effetti delle condizioni di lavoro sulla produttività.
Due gruppi di dipendenti nella fabbrica Hawthorne in USA furono usati come cavie. Un giorno gli studiosi migliorano l’illuminazione nell’area di lavoro di un gruppo, mentre quella dell’altro gruppo rimane invariata. I ricercatori scoprono che la produttività dei lavoratori con maggiore illuminazione è aumentata.
Successivamente vengono modificate le condizioni di lavoro dei dipendenti anche in altri modi (orario di lavoro, pause di riposo e così via) e in tutti i casi la loro produttività migliora. La loro produttività è persino migliorata quando le luci sono state nuovamente abbassate. Quando tutto è tornato com’era prima che iniziassero i cambiamenti, la produttività in fabbrica era ai massimi livelli e l’assenteismo era precipitato.
Gli studiosi hanno dedotto che non erano i cambiamenti delle condizioni di lavoro che stavano influenzando la produttività, bensì il fatto che i dipendenti si rendevano conto che qualcuno li stesse osservando. I lavoratori si sentivano importanti perché erano contenti di essere stati scelti e, di conseguenza, aumentavano la produttività. Questo effetto è una semplice premessa che i soggetti umani in un esperimento cambiano il loro comportamento semplicemente perché vengono studiati.
14. Effetto Alone
In questo esperimento condotto nel 1920, lo psicologo Edward Thorndike chiese a due ufficiali in comando di valutare i loro soldati in termini di qualità fisiche (pulizia, voce, fisico, portamento ed energia), dell’ intelletto, della capacità di comando e di qualità personali (tra cui affidabilità, lealtà, responsabilità, altruismo e cooperazione). L’obiettivo di Thorndike era di dimostrare come la valutazione di una caratteristica influenzasse le altre.
Thorndike scoprì che quando gli ufficiali in comando ottenevano una buona impressione di una caratteristica da un soldato, quei buoni sentimenti tendevano a influenzare le percezioni di altre qualità. Al contrario, se l’ufficiale coglieva un particolare attributo “negativo” di un soldato, questo influenzava anche il resto delle qualità di quel soldato.
L'”effetto alone” si riferisce a come le impressioni positive che le persone ottengono su una particolare caratteristica possono influenzare in modo positivo la percezione di altre qualità personali e viceversa. Ad esempio, se una persona trova qualcuno fisicamente attraente, questo può portare a una percezione positiva distorta delle altre qualità come generosità, cordialità, intelligenza ecc. Tuttavia, è vero anche il contrario, se una persona riceve un’impressione negativa di una caratteristica di un individuo, ciò può portarla a vedere le altre qualità personali sotto una luce negativa. Questo ci dice che le prime impressioni contano!
15. L’esperimento della bambola Bobo
L’esperimento della Bambola Bobo fu eseguito nel 1961 da Albert Bandura, per testare la sua convinzione che tutto il comportamento umano sia stato appreso, attraverso l’imitazione e la copia sociale, piuttosto che ereditato attraverso fattori genetici.
Per cercare di dimostrare che i bambini avrebbero copiato il comportamento di un adulto, Bandura ha separato i partecipanti in gruppi. Il primo gruppo è stato esposto ad un adulto che mostrava un comportamento aggressivo nei confronti di una bambola gonfiabile chiamata Bobo; il secondo gruppo è stato esposto ad un adulto che giocava con la bambola senza mostrare alcun tipo di aggressività; e il terzo gruppo era formato da bambini che giocavano soli e liberamente senza alcun adulto con funzione da modello.
In una fase successiva i bambini venivano condotti in una stanza nella quale erano presenti vari giochi, tra cui la bambola Bobo. Inoltre, per aumentare i livelli di frustrazione, veniva detto loro di non giocare con i giocattoli perché erano riservati ad altri bambini.
Ciò che il ricercatore ha scoperto è che i bambini esposti al modello aggressivo avevano maggiori probabilità di mostrare comportamenti aggressivi nei confronti della bambola Bobo, mentre gli altri gruppi mostravano un comportamento poco aggressivo. Inoltre, i maschi mostravano una tendenza molto più alta a imitare il comportamento fisicamente aggressivo dell’adulto.
16. Effetto spettatore
Il fenomeno psicologico noto come “effetto spettatore” fu reso popolare dagli psicologi sociali Bibb Latané e John Darley in seguito all’omicidio del 1964 a New York di Kitty Genovese.
La ragazza è stata pugnalata a morte fuori dal suo appartamento mentre i passanti che hanno assistito al crimine non sono intervenuti per assistere o chiamare la polizia. Latané e Darley hanno attribuito l’effetto spettatore alla percezione della diffusione della responsabilità (è più probabile che gli spettatori intervengano se ci sono pochi o nessun altro testimone) e all’influenza sociale (gli individui in un gruppo monitorano il comportamento di coloro che li circondano per determinare come agire).
Nel caso di Genovese, ogni spettatore ha concluso dall’inerzia dei vicini che il proprio aiuto personale non fosse necessario. Perciò, l’effetto spettatore si verifica quando la presenza di altri scoraggia un individuo dall’intervenire in una situazione di emergenza.
17. L’esperimento di Asch
L’esperimento di Asch è un altro famoso esempio di conformismo in situazioni di gruppo. Secondo la ricerca dello studioso l’essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente per modificare le proprie azioni e anche i giudizi e le percezioni visive di una persona. In questo esperimento un soggetto veniva posto in una stanza con altre 7 persone pensando di svolgere un esercizio di discriminazione visiva. Gli altri soggetti nella stanza erano attori istruiti precedentemente su come rispondere.
Lo sperimentatore presentava una serie di schede con tre linee di diversa lunghezza mentre su un’altra scheda vi era disegnata un’unica linea, di lunghezza uguale ad una linea della prima scheda. A quel punto, il ricercatore chiedeva ai soggetti, iniziando dai complici, quale fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di risposte corrette, alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere in maniera concorde e palesemente errata.
Il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo, spesso iniziava regolarmente a rispondere anche lui in maniera errata, conformandosi alla risposta sbagliata data dalla maggioranza delle persone. Solo una piccola percentuale dichiarava ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di “dover” dire.
Nell’esperimento di Asch, il 25% dei partecipanti non si conformò alla maggioranza, ma il 75% si conformò almeno una volta alla pressione del gruppo.
Quando i soggetti sono stati intervistati dopo l’esperimento, la maggior parte ha affermato che non credeva veramente alle proprie risposte conformi, ma di aver seguito il gruppo per paura di essere ridicolizzato o considerato “strano”. Tuttavia, alcuni di loro hanno affermato di credere davvero che le risposte del gruppo fossero corrette.
Apparentemente, le persone si conformano per due motivi principali: perché vogliono adattarsi al gruppo e perché credono che il gruppo sia meglio informato di loro.
18. L’esperimento del buon samaritano
Nel 1973 al Seminario Teologico di Princeton, gli studenti hanno preso parte a un esperimento che era apparentemente uno studio sull’educazione religiosa e le vocazioni. In un edificio i partecipanti erano prima chiamati a compilare un questionario, poi incaricati di recarsi in un’altra struttura per tenere un sermone sul lavoro o sulla parabola del Buon Samaritano. Ai partecipanti è stato detto di sbrigarsi, ma in misura diversa.
Sulla strada verso il secondo edificio, un membro del seminario (attore che fa parte dello studio) fa finta di star male e di aver bisogno di aiuto. Questo esperimento è stato un test della disponibilità delle persone ad aiutare e di come è influenzata da fattori situazionali.
In primo luogo, i ricercatori hanno scoperto che importava meno se i partecipanti avrebbero parlato di lavoro o della storia del buon samaritano, anche se quelli che avrebbero parlato di aiuto mostravano una volontà leggermente maggiore di fermarsi e aiutare. Il fattore determinante nell’offerta di aiuto si è verificato essere il tempo disponibile. Il 63% dei giovani che non erano sotto pressione per limiti di tempo hanno aiutato il soggetto in difficoltà, mentre coloro che si credevano in ritardo non si fermavano. Da ciò si evince che gli atti di gentilezza siano maggiormente influenzati da fattori situazionali e non dall’indole delle persone.
19. L’esperimento di Fantz
Nel 1961, quando Fantz condusse il suo esperimento non c’erano molti strumenti utili per scoprire cosa stesse succedendo nella testa di un neonato, a parte osservarlo. E osservare il bambino è quello che ha fatto.
Una caratteristica duratura della natura umana è che se c’è qualcosa di interessante vicino a noi, generalmente la guardiamo. Così Fantz ha allestito un tabellone sopra ad un neonato a cui erano attaccate due foto. Su una c’era un bersaglio e sull’altra c’era un volto umano. Poi si nascose dietro il tabellone e tramite un buco osservò lo sguardo del bambino.
Quello che scoprì fu che un bambino di due mesi guardava il viso umano il doppio di quanto guardava il bersaglio. Questo gli suggerì che i neonati avessero capacità di discernere le forme e i modelli.
Come risultato di questo e di successivi studi simili, gli psicologi hanno suggerito che nasciamo con una netta preferenza per la visione di volti umani. Ciò avrebbe certamente un significato evolutivo poiché altri volti umani contengono tutte le informazioni utili che sono vitali per la nostra sopravvivenza.
20. L’esperimento di Facebook
Nel gennaio del 2012 Facebook ha condotto un esperimento all’insaputa di oltre 680 mila utenti, esponendoli a contenuti per la maggior parte emotivamente positivi, in un primo caso, e soprattutto negativi, nel secondo. Successivamente hanno monitorato gli aggiornamenti pubblicati dagli utenti inconsapevoli, per vedere se fossero stati influenzati dai feed manipolati.
Quello che hanno scoperto è che potevano essenzialmente far sentire i loro utenti più felici o più tristi, in un processo chiamato “contagio emotivo“. Lo studio ha concluso affermando: “Le emozioni espresse dagli amici, tramite i social network online, influenzano i nostri stati d’animo.
Il potere che i social network stanno iniziando a esercitare sulle nostre vite è motivo di crescente preoccupazione. Lo studio, sebbene controverso, ha aperto una discussione più approfondita sull’etica e la privacy online.
21. La terza onda
La Terza Onda (The Third Wave) è stato un esperimento sociale creato dall’insegnante di storia del liceo californiano Ron Jones per spiegare come la popolazione tedesca potesse accettare le azioni del regime nazista durante la seconda guerra mondiale.
Mentre spiegava ai suoi studenti il regime di Hitler, Jones trovò difficile spiegare come il popolo tedesco potesse accettare le azioni dei nazisti e decise di creare un movimento sociale come dimostrazione del fascino del nazismo. Nel corso di cinque giorni, Jones ha condotto una serie di esercizi nella sua classe enfatizzando la disciplina e la comunità, intesi a modellare alcune caratteristiche del movimento nazista.
Quando il movimento cominciò a crescere al di fuori della sua classe, Jones capì che la situazione stava andando fuori controllo ed era giusto fermarsi. L’esperimento dimostra la forza della propaganda e l’incredibile malleabilità delle menti giovani.
22. La dissonanza cognitiva
Nel 1959 Leon Festinger condusse un esperimento in cui ai partecipanti fu chiesto di eseguire una serie di compiti noiosi, come girare inutilmente i pioli in una tavola forata per un’ora. Le risposte dei partecipanti al compito sono state altamente negative. Dopodiché ai soggetti sono stati dati 1 dollaro o 20 dollari per dire a un partecipante in attesa nella hall che i compiti erano davvero interessanti.
Quando ai soggetti è stato successivamente chiesto di valutare l’esperimento, i partecipanti che sono stati pagati solo 1 dollaro per mentire al partecipante in attesa hanno valutato il compito noioso come più divertente e piacevole rispetto ai partecipanti che sono stati pagati 20 dollari.
Sembra che essere pagati solo 1 dollaro non sia un incentivo sufficiente per mentire, e quindi coloro che hanno avuto tale pagamento hanno sperimentato il fenomeno della dissonanza cognitiva, ovvero uno stato di tensione instabile dovuto al contrasto tra due credenze di un soggetto.
Per superare questa dissonanza, i soggetti sperimentali hanno dovuto modificare il proprio pensiero e iniziare a credere che in fondo i compiti non fossero poi così noiosi. Invece essere stati pagati 20 dollari era un motivo valido per ingannare il prossimo partecipante.
Pertanto, le persone, quando vengono persuase a mentire senza ricevere una giustificazione sufficiente, si convinceranno della falsità.
24. L’esperimento “Lost in The Mall”
L’esperimento “Lost in the Mall” (perso nel centro commerciale) è stato creato sulla base della teoria che è possibile impiantare ricordi falsi in un soggetto attraverso suggestioni di persone esterne. L’esperimento è stato sviluppato per la prima volta da Jim Coan, un allievo della psicologa Elizabeth Loftus.
Coan ha arruolato sua madre, sua sorella e suo fratello come soggetti sperimentali ed ha consegnato loro degli opuscoli contenenti quattro brevi racconti che descrivono eventi passati. I partecipanti sono stati istruiti a cercare di ricordare il più possibile su ciascuno dei quattro eventi e a scrivere tutto quello che si ricordavano nel corso di sei giorni.
All’insaputa dei partecipanti, uno dei racconti era falso. Quest’ultima descriveva il fratello di Coan all’età di circa 5 anni che si perdeva in un centro commerciale, veniva salvato da una persona anziana e riunito alla sua famiglia. Durante l’esperimento, il fratello di Coan ha inconsapevolmente inventato diversi dettagli aggiuntivi sulla falsa storia e quando gli è stato detto che uno dei racconti era falso ha espresso incredulità e non è riuscito a identificare quale fosse.
In un esperimento di follow-up, Elizabeth Loftus e Jacqueline Pickrell hanno adattato i metodi che Coan aveva usato su suo fratello in uno studio formale con 24 partecipanti, circa il 25% dei quali ha riferito di ricordare il falso evento.
Loftus chiama questo studio “prova di esistenza” per il fenomeno della creazione di falsi ricordi e suggerisce che il falso ricordo si forma come risultato dell’incorporazione dell’evento suggerito (essere perso in un centro commerciale) nei ricordi già esistenti di andare al centro commerciale. Con il passare del tempo diventa più difficile per le persone distinguere tra ciò che è realmente accaduto e ciò che è stato immaginato e commettono errori di memoria.
25. L’esperimento della prigione di Stanford
L’esperimento della prigione di Stanford fu un tentativo di indagare gli effetti psicologici del potere percepito, concentrandosi sulla lotta tra detenuti e agenti penitenziari. Fu condotto alla Stanford University nel 1971, da un gruppo di ricerca guidato dal professore di psicologia Philip Zimbardo.
L’esperimento prevedeva l’assegnazione, ai volontari che accettarono di parteciparvi, dei ruoli di guardie e prigionieri all’interno di un carcere simulato. I prigionieri venivano trattati come ogni altro criminale. Quando sono arrivati alla prigione sono stati spogliati nudi, disinfestati, hanno rimosso e rinchiuso tutti i loro averi personali e hanno ricevuto vestiti e biancheria da letto della prigione. L’uniforme carceraria li indicava solo con un numero in modo da far sentire i prigionieri anonimi.
A poche ore dall’inizio dell’esperimento, coloro che erano stati assegnati come guardie iniziarono a molestare i prigionieri. I prigionieri venivano scherniti con insulti, affidati a compiti inutili e noiosi da svolgere ed erano generalmente disumanizzati. In meno di una settimana alcune delle guardie erano diventate sadiche, intensificando i loro abusi sui prigionieri con il passare dei giorni. I prigionieri erano crollati emotivamente e fisicamente.
Nessuno dei partecipanti divenuti guardie aveva mostrato segni di personalità sadica prima dell’inizio dello studio. I risultati dello studio dimostrano che le persone si conformano ai ruoli sociali che dovrebbero svolgere, soprattutto se i ruoli sono fortemente stereotipati come quelli delle guardie carcerarie.
Zimbardo dimostrò che gli individui di un gruppo coeso, tendono a perdere l’identità personale e il senso di responsabilità, alimentando la comparsa di comportamenti antisociali.
26. Il riflesso condizionato
Quando un cane vede del cibo, la saliva inizia a fuoriuscire dalle ghiandole salivari. Quest’ultima è necessaria per rendere il cibo più facile da deglutire e contiene enzimi che scompongono alcuni composti del cibo.
Tuttavia, Pavlov si accorse che alcuni cani sbavavano anche in assenza di cibo. Scoprì così che i cani stavano reagendo alla vista dei camici da laboratorio. Infatti, ogni volta che ai cani veniva servito del cibo, la persona che lo serviva indossava un camice da laboratorio. Pertanto, i cani hanno associato l’arrivo del cibo alla persona col camice.
Successivamente, Pavlov ha poi cercato di capire come fossero collegati questi fenomeni e in un altro esperimento suonò un campanello ogni volta che i cani venivano nutriti. Scoprì così che se il campanello veniva suonato in stretta associazione con il pasto, i cani imparavano ad associare il suono al cibo. Dopo un po’, al solo suono del campanello, i cani rispondevano salivando
L’importante scoperta di Pavlov fu che eventi ambientali (come il suono di un campanello) che in precedenza non avevano alcuna relazione con un dato riflesso (come la salivazione) potevano, attraverso l’esperienza, innescare essi stessi il riflesso. Questo tipo di risposta appresa è chiamato riflesso condizionato e il processo mediante il quale cani o esseri umani imparano a collegare uno stimolo a un riflesso è chiamato condizionamento.
27. L’impotenza appresa
Il concetto di “impotenza appresa” è stato definito da Martin Seligman nel 1965 durante una serie di studi sul rinforzo negativo.
L’esperimento, eseguito sui cani, è stato un tentativo di ampliare la ricerca di Pavlov, ma andando nella direzione opposta. Quando Seligman suonava il campanello invece di fornire cibo ai cani, dava loro una scossa elettrica e li tratteneva con un’imbracatura per tenerli fermi.
Dopo questa prima fase di condizionamento, Seligman mise questi cani in una grande scatola con una piccola staccionata che la divideva in due metà. Il ricercatore ipotizzava che se avesse suonato il campanello, il cane sarebbe saltato oltre il recinto per scappare, ma non fu così. Si è semplicemente seduto lì e si è rinforzato. Quando hanno messo nella scatola un cane che non era stato condizionato e hanno cercato di colpirlo con la scossa elettrica, questo ha saltato immediatamente il recinto.
Da questi risultati, si può concludere che i cani che avevano appreso nella prima parte dell’esperimento che non c’era nulla che potessero fare per evitare la scossa elettrica, nella seconda parte dello studio si rassegnavano al loro destino senza provare a scappare. Questa condizione è descritta come impotenza appresa, in cui un essere umano o un animale non tenta di uscire da una situazione negativa perché il passato ha insegnato loro che sono impotenti.
28. L’esperimento del piccolo Albert
Questo controverso esperimento fu condotto nel 1920 da John Watson e Rosalie Rayner alla Johns Hopkins University.
Un bambino di un anno di nome Albert è stato posizionato su un materasso al centro di una stanza vicino ad un topo da laboratorio bianco con cui gli è stato permesso di giocare. Ogni volta che il bambino toccava il topo gli sperimentatori emettevano un forte suono alle spalle di Albert colpendo con un martello una barra d’acciaio. Albert rispondeva al rumore piangendo e mostrando paura.
Dopo diverse associazioni tra i due stimoli, ad Albert fu presentato solo il topo senza il rumore. Anche solo vedendo il topo, Albert si angosciò molto, piangendo e strisciando via. Apparentemente, il bambino ha associato il topo bianco al rumore. Il ratto, originariamente uno stimolo neutro, era diventato uno stimolo condizionato, e suscitava una risposta emotiva (risposta condizionata) simile all’angoscia (risposta incondizionata) originariamente data dal rumore (stimolo incondizionato).
In ulteriori esperimenti, il piccolo Albert sembrò generalizzare la sua risposta al topo bianco, spaventandosi alla vista di molti altri oggetti pelosi, come un coniglio, un cane peloso e un cappotto di pelle di foca.
L’esperimento, bensì ora sia considerato uno degli studi psicologici più immorali condotti nel corso degli anni, ha dimostrato che la paura può essere indotta tramite condizionamento.