“Quando siamo preda di forti emozioni, queste ultime finiscono per prendere il controllo della nostra attenzione e il risultato è che ci fissiamo su ciò che ci turba dimenticando tutto il resto.”
– Daniel Goleman –
IL DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITA’
Nell’ambito della psichiatria, nel mondo occidentale, è molto frequente la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità (DBP) che è riconosciuta dalla pressoché totalità della comunità scientifica come un’entità nosologica reale, cioè valida in termini statistici ed utile nel descrivere in modo fedele quadri sintomatologici che ricorrono con frequenza e corrispondono a quanto osservato effettivamente dai clinici.
Per porre la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità nel DSM 5 è necessario che l’individuo soddisfi (cioè si identifichi) in almeno cinque criteri di una lista di nove:
- Forte senso di instabilità ed incertezza circa la propria identità;
- Paura cronica di essere abbandonati;
- Drammatica instabilità nelle relazioni affettive;
- Marcata reattività dell’umore (rapide oscillazioni del tono emotivo fra depressione, euforia, irritabilità e ansia);
- Frequenti esperienze di collera immotivata;
- Cronici sentimenti di vuoto interiore;
- Transitori ma ricorrenti sintomi dissociativi (depersonalizzazione, derealizzazione, amnesie lacunari, stati oniroidi di coscienza) oppure di ideazione paranoide;
- Comportamenti autolesivi impulsivi e incontrollabili (abbuffate, promiscuità sessuale senza precauzioni, cleptomania, abuso di alcool e droghe, autolesionismo);
- Minacce o tentativi ricorrenti di suicidio.
(APA, 2014).
Alcuni Esperti del settore
Secondo Marsha M. Linehan (1993), il disturbo centrale della personalità borderline deriva da un deficit, un’incapacità del soggetto di richiamare alla mente immagini rassicuranti durante i momenti di maggiore attivazione emotiva; questo peculiare funzionamento porterebbe di conseguenza a vivere esperienze dolorose fortemente stressanti, alle quali l’individuo si dimostra particolarmente vulnerabile, con conseguenti oscillazioni dell’umore.
Altre ricerche (Semerari A., 1999) suggeriscono che esistono inoltre dei deficit a livello metacognitivo, in particolare nella capacità di monitorare i propri stati interni, decentrarsi da essi e fare ipotesi sugli stati mentali degli altri individui; tutto ciò concorre alle difficoltà di auto regolazione emotiva ed alle difficoltà interpersonali tipiche delle persone con questa problematica.
Studiosi affermati del Disturbo Borderline di Personalità come Otto Kernberg (1975) pongono invece l’accento sulla difficoltà di integrare rappresentazioni contraddittorie di sé e degli altri come nucleo centrale del disturbo, fatto per altro coerente con le teorie dell’attaccamento che vedono nell’attaccamento disorganizzato il fattore eziopatogenetico principale di questo quadro morboso (Liotti G., 2011), poiché da simili esperienze precoci nella relazione caregiver-bambino emergono tanto una rappresentazione molteplice e dissociata di sé (corrispondenti a continue trasformazioni della rappresentazione Sé-con-l’altro, come avviene nel triangolo drammatico), quanto una notevole difficoltà a riconoscere e regolare le emozioni, in particolare quelle attivate con il Sistema Motivazionale Interpersonale (SMI) dell’Attaccamento; questi due aspetti altro non sono che due facce della stessa medaglia.
E’ a questo punto intuibile capire come le persone con DBP siano particolarmente sensibili all’abbandono, sia esso reale o minacciato, in quanto tale esperienza è ciò che attiva massimamente il SMI dell’attaccamento, procurando sentimenti dolorosi e annichilenti.
IL DEFICIT DI REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI
Laddove esiste, come sino a qui descritto, una compromissione del sistema di regolazione delle emozioni allora tutte le emozioni che si presentano nella vita dell’individuo vengono esperite con intensità eccessiva, con ricadute coerenti sul piano comportamentale ed interpersonale.
Nel tentativo di ridurre l’impatto doloroso di esperienze avverse gli individui con Disturbo Borderline di Personalità spesso fanno ricorso all’uso di droghe o alcool o alle abbuffate al fine di lenire la portata di simili affetti; analogamente possono ricorrere ad agiti autolesivi per spostare sul corpo il dolore emotivo altrimenti intollerabile poiché impossibile da regolare (leggi articolo su autolesionismo), oppure possono riuscire inconsapevolmente ad inibire l’esperienza delle proprie emozioni finendo per sperimentare sentimenti di vuoto anche in maniera cronica (Linehan M. M., 1993).
In definitiva, emozioni nel Disturbo Borderline di Personalità tendono ad essere sperimentate con particolare intensità nella loro componente fisiologica, esitando spesso in una immediatamente “scarica” attraverso comportamenti impulsivi di vario genere, come quelli sopra elencati.
Questo tratto di impulsività si manifesta anche e soprattutto nelle relazioni interpersonali, pregiudicandone la qualità e causando ulteriori affetti e pensieri negativi difficilmente gestibili, a causa dei menzionati deficit metacognitivi, con il rischio della strutturazione di circoli viziosi dall’epilogo spesso molto doloroso.
MOLTE CAUSE, INTERVENTI FLESSIBILI
L’eziologia del Disturbo Borderline di Personalità è ad oggi piuttosto chiara, e trova nella multifattorialità le radici della sua strutturazione.
- E’ necessario, infatti, considerare dapprima i fattori biologici che concorrono alla strutturazione ed al mantenimento del disturbo: nella fattispecie si tratta dell’impulsività di tratto, cioè di un carattere stabile e fortemente ereditabile che appartiene al temperamento individuale e che si esprime in una tendenza all’agito a seguito di un impulso emotivo o fisiologico di vario tipo; potremmo quindi definire questa caratteristica come una tendenza all’agire senza pensare alle conseguenze.
Parimenti, esistono conferme sperimentali da parte delle neuroscienze sulla presenza di differenze morfologiche e funzionali a carico del sistema limbico, che si traducono nella già citata vulnerabilità emotiva, cioè in una difficoltà nell’espressione delle emozioni. E’ difficile in questo caso stabilire se tali differenze neurologiche precedano o seguano la strutturazione del disturbo, anche se probabilmente sussiste un rinforzo circolare fra questi due aspetti (Sroufe A., 1995). - Determinanti per la strutturazione del DBP sono poi i fattori di matrice sociale, cioè legati all’ambiente interpersonale nel quale l’individuo sviluppa i propri Modelli Operativi Interni, cioè la conoscenza di Sé, degli Altri e della relazione Sé-Altro. Si tratta di quelle relazioni di attaccamento insicuro o disorganizzato che forniscono ripetute invalidazioni al bambino circa i propri affetti (esperienze di abbandono e trascuratezza, menzogna sistematica, imposizione del segreto, critiche ripetute, comunicazioni a “doppio legame”) o, nei casi peggiori, forniscono esperienze di natura traumatica o micro-traumatica cumulativa (maltrattamenti, violenze e abusi).
- Infine, di grande rilevanza sono i fattori di tipo psicologico, che attengono prettamente alle già citate difficoltà metacognitive: deficit di monitoraggio, decentramento e padronanza dei propri stati mentali, unitamente a problemi nel corretto utilizzo della Teoria della Mente altrui sono caratteristiche che condizionano fortemente le capacità interpersonali di questi individui.
Poiché la combinazione dei fattori di rischio e dei fattori di protezione è per ciascun individuo del tutto unica e irripetibile, non esiste un soggetto che possa sviluppare un Disturbo Borderline di Personalità con caratteristiche identiche a quello di un altro.
Si vuole intendere che di fronte a persone con uguale diagnosi di DBP possono corrispondere quadri di funzionamento significativamente diversi, seppure entrambi riconducibili ad alcuni dei nove criteri descrittivi di questa categoria nosografica secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali.
Come può avvenire il trattamento
E’ proprio in ragione di tale considerazione che anche il trattamento non potrà essere standardizzato e basato su rigidi protocolli, bensì individualizzato e preceduto da una attenta e competente analisi del funzionamento personale, al fine di mettere a punto una strategia di intervento che consideri tali fattori soggettivi e renda possibile gerarchizzare gli interventi secondo un principio che proceda dall’alleanza terapeutica ed il contratto, all’implementazione delle funzioni integrative della coscienza compromesse (connesse alle precoci esperienze di attaccamento), fino alla gestione/regolazione delle emozioni ed al miglioramento delle skills interpersonali.
Bibliografia essenziale sul deficit di regolazione emotiva
- American Psychiatric Association, 2014, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – V Edizione”, R. Cortina Ed., Milano;
- Kernberg O., 1975, “Borderline Conditions and Pathological Narcissism”, Aronson, New York (trad. it.: “Sindromi marginali e narcisismo patologico”, Ed. Boringhieri, Torino, 1978;
- Linehan M., 1993, “Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline”, ed. Raffaello Cortina, Milano;
- Liotti G. et al., 2011, “Sviluppi traumatici”, Ed. Raffaello Cortina, Milano;
- Liotti G., 2001, “Le opere della coscienza”, Ed. Raffaello Cortina, Milano;
- Semerari A., 1999, “Psicoterapia cognitiva del paziente grave. Metacognizione e relazione terapeutica”, Ed. Raffaello Cortina, Milano;
- Sroufe A., 1995, “Lo sviluppo delle emozioni”, Raffaello Cortina, Milano.
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Articolo scritto dal dott. Simone Sottocorno psicologo e psicoterapeuta responsabile della sede di Saronno nel caso si volesse approfondire argomenti di questo articolo con un consulto psicologico è possibile contattare il centro Interapia