INTRODUZIONE

Negli ultimi anni l’automedicazione ha conosciuto una crescita costante, destinata a continuare nei prossimi anni per il processo di “delisting” (passaggio di farmaci dalla classe A -rimborsabile dal Sistema Sanitario Nazionale – alla classe C – a totale carico del cittadino -). I

n realtà l’automedicazione non avviene solo attraverso l’acquisto dei farmaci cosi detti da banco (senza ricetta medica) , ma anche attraverso l’utilizzo di integratori alimentari che vengono percepiti come farmaci, ma innocui. 

 La difficoltà ad accettare un problema depressivo e, soprattutto, di accettare una terapia antidepressiva, spinge spesso il soggetto a misconoscere la gravità dei sintomi o a sottovalutarli. 

La paura di assumere un farmaco “chimico”, spesso fa optare per altri rimedi ritenuti, a torto, meno pericolosi e con meno effetti collaterali rispetto ai farmaci tradizionali. 

È questo il caso dell’Iperico, che è stato oggetto di numerose ricerche negli ultimi vent’anni per il suo potere antidepressivo. L’erba di San Giovanni (Hypericum perforatum), così chiamata perché il massimo della fioritura avviene intorno al 24 giugno, festa del Santo, è una pianta dai fiori gialli usata da secoli per combattere depressione e ansia, spesso chiamata anche con il nome popolare di “scacciadiavoli”. L’erba di San Giovanni è stata utilizzata nel corso dei secoli per curare condizioni mentali, dolore neuropatico ed una grande varietà di altre patologie. L’Hypericum perforatum appartiene all’ordine dei Malpighales, che comprende più di 16.000 specie. Rappresentanti del genere Hypericum (469 specie) si possono trovare in ogni clima temperato del globo e comprendono specie con un’ampia varietà di architetture vegetali che vanno dalle piccole erbe agli alberi.

 Sono stati effettuati numerosi studi comportamentali su esseri umani e ratti che hanno dimostrato la sua efficacia. Ciò ha portato a un mercato multimiliardario per i prodotti a base di iperico che rappresenta oltre il 13% del commercio totale di integratori a base di erbe in Europa e  circa 6 miliardi di dollari in tutto il mondo.

Mentre le proprietà antidepressive degli estratti di iperico sono legate alla presenza di iperforina, un altro componente importante, la naftodiantrone ipericina è stata identificata come un promettente agente antitumorale e un potenziale trattamento contro malattie neurodegenerative compreso il morbo di Alzheimer.

MECCANISMO D’AZIONE

La composizione degli estratti da H. perforatum è stata ampiamente studiata e sono stati identificati molti metaboliti secondari, tuttavia due composti sono emersi come i più importanti per l’industria farmaceutica: iperforina e ipericina. In realtà l’attività antidepressiva è da attribuire al fitocomposto in toto e non come si riteneva inizialmente alla “sola” ipericina.

L’iperforina, è un derivato del floroglucinolo prenilato alla quale si attribuiscono gli effetti antidepressivi e neuroattivi dell’iperico. Molti antidepressivi hanno la capacità di inibire l’assorbimento di importanti neurotrasmettitori come la serotonina, la dopamina (DA) o la noradrenalina (NA) . L’iperforina costituisce un inibitore sinaptosomico naturale dell’assorbimento dei neurotrasmettitori. Inoltre, l’iperforina può inibire l’assorbimento nelle sinapsi dei trasmettitori di aminoacidi, acido gamma-amminobutirrico (GABA) e L-glutammato. Ciò è dovuto alla sua modalità di azione che invece di basarsi sulle interazioni competitive per i siti di legame del trasportatore, si basa sull’aumento del Na + intracellulare importante per la regolazione dell’assorbimento dei neurotrasmettitori. Queste caratteristiche conferiscono all’iperforina lo stato di un inibitore della captazione ad ampio spettro dei neurotrasmettitori, i cui effetti sono stati riportati in diversi studi.

Altri studi hanno dimostrato come l’ipericina sia un inibitore degli enzimi Mono Ammino Ossidasi (il target farmacologico degli antidepressivi cosiddetti IMAO) anche se tale azione non sembra essere significativa alle concentrazioni normalmente raggiunte con l’uso degli estratti. 

STUDI DI EFFICACIA DELL’HIPERICUM

Tuttavia, nonostante il numero elevate di ricerche e review che comparavano l’efficacia dell’Hypericum con alcuni SSRI, la valutazione non è univoca.

Tra gli innumerevoli articoli presenti in letteratura, alcuni paragonano l’efficacia dell’erba di San Giovanni agli SSRI nella depressione lieve (in particolare Sertralina e Paroxetina), mentre altri ne criticano le modalità di trattamento dei dati, o per l’esiguità del campione, o per errori metodologici o per la diversità di dosaggio utilizzati nei vari studi. 

Una Meta-analisi di studi controllati randomizzati Pubblicato online da Cambridge University Press nel gennaio 2018 (Klaus Linde, Michael Berner, Matthias Egger e Cynthia Mulrow ) ha aggiornato le prove da studi randomizzati sull’efficacia degli estratti di Hypericum .

È stata eseguita una revisione sistematica e una meta-analisi di 37 studi clinici controllati randomizzati in doppio cieco che hanno confrontato gli effetti clinici della monopreparazione di Hypericum con placebo o con un antidepressivo standard negli adulti con disturbi depressivi.

È emerso che studi più ampi controllati con placebo limitati a pazienti con depressione maggiore hanno mostrato solo effetti minori rispetto al placebo, mentre studi più vecchi e più piccoli non limitati a pazienti con depressione maggiore hanno mostrato effetti marcati.

Rispetto agli antidepressivi standard, gli estratti di iperico hanno avuto effetti simili. Lo studio ha concluso che le prove attuali riguardanti gli estratti di iperico sono incoerenti e confuse.

Nei pazienti che soddisfano i criteri per la depressione maggiore, diversi recenti studi controllati con placebo suggeriscono che Hypericum ha effetti benefici minimi, mentre altri studi suggeriscono che Hypericum e gli antidepressivi standard hanno effetti benefici simili, soprattutto nella depressione lieve o moderata. 

Recenti indagini hanno indicato che Hypericum perforatum, come gli antidepressivi convenzionali, è coinvolto nella regolazione dei geni che controllano la funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e influenza, almeno in parte, gli effetti indotti dallo stress sulla neuroplasticità e neurogenesi.

Dalle evidenze disponibili si può concludere che in letteratura sono presenti dati a sostegno dell’uso di Hypericum perforatum per il trattamento della depressione. Tuttavia, i risultati di esperimenti condotti con estratti o composti puri non sempre somigliano al profilo biochimico e farmacologico caratteristico degli antidepressivi sintetici.

In particolare, la maggior parte dei risultati negli studi preclinici è stata ottenuta con dosi elevate di composti ed estratti puri che non sono paragonabili alle concentrazioni dei singoli costituenti attivi dopo somministrazione orale nell’uomo.

NATURALE NON SIGNIFICA INNOCUO: GLI EFFETTI COLLATERALI DELL’HYPERICUM

Anche la botanica è un immenso sistema chimico e vi sono micidiali prodotti chimici provenienti dalla natura: la digitale, l’oppio, il botulino, l’alcol ed altri più innocui come lo zucchero, il sale, il pepe, il peperoncino e così via, tutti con la loro bella struttura chimica.

L’Hypericum si è rivelato uno straordinario successo commerciale, sotto la spinta di campagne promozionali (veicolate principalmente dai mass-media) che hanno messo l’accento soprattutto sulla mancanza di effetti indesiderati, così frequenti invece con gli antidepressivi tradizionali.

L’iperico è commercializzato come integratore dietetico e, recentemente, anche come specialità medicinale (es. Nervaxon) vendibile dietro presentazione di ricetta medica. Con l’impiego allargato, si sono via via andate moltiplicando le segnalazioni di interazioni con numerosi farmaci di prescrizione assunti contemporaneamente. I casi segnalati suggeriscono che le interazioni possano essere dovute all’attivazione da parte dell’iperico di alcuni isoenzimi della via metabolica del citocromo P450, che può portare ad una riduzione della concentrazione plasmatica e quindi ad una riduzione dell’effetto terapeutico dei farmaci che vengono metabolizzati da questo sistema. Per contro, sospendendo l’assunzione dell’iperico, si potrebbe verificare l’effetto opposto, cioè un aumento dei livelli plasmatici del farmaco assunto contemporaneamente fino a livelli tossici.

Oltre a queste interazioni di tipo farmacocinetico, altre interazioni, di tipo farmacodinamico possono manifestarsi per sommazione o potenziamento dell’effetto sui neurotrasmettitori cerebrali: l’iperico infatti aumenta i livelli di serotonina nel cervello attraverso una debole azione MAO-inibitoria e di inibizione del reuptake della serotonina. In caso di pazienti già in trattamento con antidepressivi inibitori del reuptake della serotonina (SSRI) questo si traduce in un pericoloso aumento della concentrazione di serotonina con conseguente insorgenza di una “sindrome serotoninergica”. Queste segnalazioni hanno indotto il Committee on Safety of Medicines inglese ad inviare una lettera informativa a medici e farmacisti, riportando i farmaci interagenti, gli effetti dell’interazione e i provvedimenti opportuni.

Ma c’è un modo diffuso di pensare che tutto quanto è “naturale”, “al massimo non ti fa niente, ma non ti fa certo male” come sostiene la dr.ssa Hoban dell’università dI Adelaide. Invece il suo gruppo ha registrato reazione avverse nei consumatori di iperico del tutto simili a quelle indotte, in alcuni casi, dalla fluoxetina (il famoso Prozac): ansia, attacchi di panico, vomito, amnesia. Sono effetti collaterali non diffusi, ma si deve esserne consapevoli, mentre chi prende l’erba di San Giovanni di solito se la auto prescrive e non ha idea dei dosaggi. Altro rischio: il consumo di questa sostanza può interagire con altri farmaci che si prendono, come alcuni antidepressivi, la pillola anticoncezionale, certi fluidificanti del sangue.

C’è un effetto collaterale che rende comunque impossibile prescrivere l’iperico in estate: dà fotosensibilizzazione, quindi provoca problemi cutanei come arrossamenti ed eczemi».

L’ipericina è una sostanza fotosensibilizzante e può, per questo, procurare gravi danni anche al cristallino. I radicali liberi che si sviluppano dalla combinazione della sostanza con i raggi UV sono causa infatti di cataratta.

Particolare cautela va riservata alla terapia dei disturbi affettivi stagionali, che si avvale delle virtù terapeutiche di lampade UV combinate all’assunzione di erba di San Giovanni.

Aver identificato queste proprietà dell’ipericina ha aperto anche la strada allo studio delle sue applicazioni per la cura dei carcinomi cutanei: l’uso topico dell’estratto amplificherebbe gli effetti terapeutici delle radiazioni (New Scientist 1999; 2196: 24)

Un’altra ricerca ha dimostrato che l’iperico può interagire negativamente con altri farmaci, tra cui quelli usati per tenere sotto controllo l’infezione da HIV e la pillola anticoncezionale.

Il 10 febbraio 2000 la FDA ha pubblicato una circolare in cui si affermava che l’iperico sembra interferire con alcuni farmaci usati nella terapia delle malattie cardiache, della depressione, delle convulsioni, di alcuni tumori e del rigetto degli organi trapiantati. A causa di queste potenziali interazioni i pazienti dovrebbero sempre chiedere consiglio al medico prima di assumere qualsiasi rimedio erboristico.

L’iperico funziona con lo stesso meccanismo degli inibitori della ricaptazione della serotonina, i cosiddetti antidepressivi SSRI, e ovviamente (purtroppo) può quindi essere causa degli stessi effetti indesiderati, tra cui:

  • ansia
  • attacchi di panico
  • vomito
  • amnesia
  • secchezza delle fauci
  • vertigini
  • diarrea
  • nausea
  • fotosensibilità (aumento della sensibilità della pelle al sole)
  • stanchezza

Poiché l’efficacia non è garantita e alla luce del fatto che una depressione non adeguatamente trattata può diventare grave (in alcuni casi può essere causa di  suicidio), è di fondamentale importanza valutare sempre con il proprio medico il ricorso a questo rimedio erboristico.

La ricerca ha dimostrato che l’iperico può limitare l’efficacia di alcuni farmaci, tra cui:

  • antidepressivi,
  • pillola anticoncezionale,
  • ciclosporina, un farmaco che aiuta a prevenire il rigetto da trapianto di organi,
  • digossina, un farmaco utilizzato per rafforzare le contrazioni del muscolo cardiaco,
  • indinavir e altri medicinali usati per controllare l’infezione da HIV,
  • irinotecan e di altri farmaci antitumorali,
  • warfarin e relativi medicinali anticoagulanti.

Alcune evidenze fanno pensare che possa ridurre la fertilità sia nell’uomo (per riduzione del numero e della motilità degli spermatozoi) sia nella donna; per quanto manchino ancora dati certi, si raccomanda di astenersi dall’uso durante la ricerca di gravidanza. A maggior ragione è da evitarne l’uso in gravidanza ed allattamento.

CONCLUSIONI

I media non perdono l’occasione di vantare le virtù degli estratti vegetali, e nello stesso tempo di porre in risalto i danni o il pericolo di curarsi con i farmaci di sintesi. Grazie a questa cattiva stampa, diminuisce la fiducia del pubblico nella farmacopea scientifica e si porta acqua al mulino della medicina alternativa, con il suo bagaglio di speranze non sempre ben riposte.

È invece opportuno valutare da un punto di vista obiettivo le applicazioni terapeutiche dei fitofarmaci, perché curarsi con le erbe è una consuetudine per milioni di persone: negli Stati Uniti, l’uso dei rimedi naturali è aumentato negli ultimi sette anni del 380 per cento. Secondo una ricerca recente, in Italia il 27 per cento della popolazione, per lo più donne, predilige le piante ai farmaci. Anche gli uomini, però, non disdegnano le erbe: quasi la metà dei rimedi utilizzati per la cura dell’iperplasia prostatica è di derivazione naturale.
Ai medici capita quotidianamente di confrontarsi con persone che si curano usando fitoterapici. Non basta più l’autorità del curante per evitare che il malato abbandoni o trascuri un trattamento convenzionale. Inoltre, l’impiego di erbe viene spesso taciuto e il consiglio del farmacista e dell’erborista acquista più valore di quello del medico. Questo atteggiamento sembra giustificato dal fatto che molti medici sono pregiudizialmente contrari all’uso delle piante in ogni caso, sovente a causa di scarsa informazione. La mancata comunicazione aumenta, però, il rischio di interazioni pericolose tra terapie alternative già in corso, di cui il medico è all’oscuro, e terapie convenzionali.

Un altro problema, sottovalutato anche se segnalato dai ricercatori, riguarda la standardizzazione, cioè l’effettiva qualità dei prodotti in commercio che presentano caratteristiche e composizioni spesso differenti, pregiudicando un concetto fondamentale della terapia: l’equivalenza quali-quantitativa delle somministrazioni di prodotti con finalità terapeutiche.

CURIOSITA’

Sapete da dove deriva il nome Hypericum? Deriva dal greco hyper (al di sopra) ed eikon (immagine) poiché era consuetudine appendere la pianta al di sopra delle immagini delle divinità per tenere lontano gli spiriti del male.

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Articolo scritto dalla dott.ssa Gaia Guggeri Medico psichiatra presso il centro di Saronno

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