Gestione della tristezza in tempo di pandemia: da più di un anno siamo alle prese con questa pandemia. Stiamo gestendo preoccupazioni, affrontando lutti, rinunciando a spostamenti e alla vicinanza degli affetti (spesso proprio per proteggerli e tutelarli). C’è chi è continuamente sottoposto a chiusure e stop. Chi ha visto i propri progetti messi in stand-by, con l’incertezza di come evolveranno le cose.
In questo clima ci si confronta con ansia, rabbia, frustrazione. Sempre più spesso tra le persone dilaga un senso di scoraggiamento, impotenza, demoralizzazione. Ci si sente vuoti, soli e profondamente abbattuti.
Pandemia e gestione della tristezza
La tristezza si è insinuata nelle nostre giornate, quando per anni avevamo cercato di schivarla in ogni modo, perché nella nostra società vigeva l’imperativo di essere felici.
La tristezza è infatti un’emozione che spesso è stata repressa, accuratamente nascosta, come un ospite sgradito. Viene sovente associata alla debolezza, alla vulnerabilità. Non sembra possibile mostrarsi tristi, ci si sente subito pericolosamente esposti.
Cos’è la tristezza e come ci aiuta
Eppure la tristezza è un’emozione innata e universale. L’idea di poter evitare di essere tristi è fallace e anche piuttosto pericolosa: come tutte le emozioni la tristezza ha valore adattivo e fornisce importanti informazioni sull’ambiente, su ciò che ci succede, permettendoci di orientare i nostri comportamenti.
La tristezza è l’emozione legata alla perdita: quando perdiamo qualcosa ci sentiamo tristi.
La tristezza per una perdita
Tutti prima o poi perdiamo qualcosa, anzi l’esperienza della perdita è molto più frequente di quanto si immagini. Possiamo perdere
- una persona cara (lutti, separazioni…)
- un ruolo o uno status (invecchiamento, malattia, licenziamento, allontanamento dei figli, esclusione da parte del gruppo…)
- scopi o valori (delusioni professionali, fallimento di progetti di vita…)
- un oggetto o un bene per noi importante (abitazione, oggetti che ci ricordano qualcuno o qualcosa di significativo…)
Ritirarsi in sé stessi
Quanto più la cosa che si è persa aveva per noi importanza e definiva la nostra identità, tanto maggiore sarà l’intensità e la durata della nostra tristezza.
Quando si è tristi si avverte spesso la necessità di ritirarsi in sé stessi e di sospendere le attività quotidiane. Questo accade perché si investono le energie nella riflessione su quanto accaduto, nel tentativo di comprendere e attribuire un significato all’evento, “digerendolo” e traendone insegnamenti per il futuro. La tristezza diviene così ciò che ci permette di tessere i fili della nostra storia, di creare una narrazione di quanto accaduto.
Gestione della tristezza: relazioni di supporto e sostegno morale
Inoltre, la tristezza permette di costruire relazioni di supporto e sostegno sociale. Quando ci sentiamo abbattuti abbiamo bisogno della vicinanza di persone care, la tristezza segnala il nostro disagio, facendo sì che la rete sociale si attivi per fornirci conforto (Giannantonio, 2012).
Tristezza ed altre emozioni
Spesso la tristezza non si presenta da sola:
- si può sperimentare la paura di essere tristi, perché si teme che la tristezza possa diventare depressione o che non se ne venga mai fuori. Magari temiamo di non poter più provare altre emozioni all’infuori di essa, perché ci sentiamo invasi e privi di forze
- si può provare disprezzo e vergogna perché ci si sente deboli, incapaci di affrontare le difficoltà, pensiamo (erroneamente!) di non dover provare tale emozione
- altre volte la tristezza si accompagna alla rabbia, che spinge a trovare un colpevole per quello che è accaduto.
Queste emozioni talvolta rendono più difficile affrontare la tristezza in modo efficace.
La tristezza in tempo di pandemia
Attualmente ci troviamo in una condizione in cui è facile sentirsi come se ci fossero state sottratte tante possibilità. La situazione ci ha “costretti” a rinunciare ad aspetti e attività per noi importanti. Possiamo aver subito lutti o aver perso la possibilità di stare vicino ai nostri cari come vorremmo. Possiamo sentire di aver perso delle opportunità o di aver accantonato progetti.
Con la pandemia sicuramente sono venute meno monte fonti di rinforzo positivo, come attività e momenti che ci restituivano sensazioni piacevoli (andare a cena fuori, ritrovarsi con gli amici, andare in palestra, viaggiare…).
Mancanza di positività e aumento di stress
La tristezza ci indica che queste cose avevano per noi valore.
Laddove i rinforzi positivi vengono a mancare e lo stress aumenta, ecco che può significativamente diminuire la nostra voglia di impegnarci nelle attività: nulla sembra poterci restituire sensazioni positive, nulla sembra valere la pena di uno sforzo.
È importante prestare attenzione a questo meccanismo: quando siamo sotto stress cerchiamo di eliminare tutto ciò che non ci sembra indispensabile, poiché tutte le nostre energie sono assorbite nel cercare di far fronte alle difficoltà e nel sopravvivere, ciò minimizza ulteriormente la possibilità di sintonizzarsi su vissuti piacevoli, facendoci sentire ancor più abbattuti e impotenti.
Si tratta di un circolo viziose che porta all’assunzione di un atteggiamento passivo ed aumenta la deflessione del tono dell’umore (Leveni et al., 2014).
Come gestire la tristezza: alcuni consigli pratici
Le emozioni non si scelgono né è possibile eliminarle dalla nostra vita, ma abbiamo la possibilità di scegliere come reagirvi e come gestirle. Questo ci dà un gran potere, perché ci permette di agire in modo efficace e di sfruttare le preziose informazioni veicolate da ciò che proviamo, in modo da preservare il nostro equilibrio e una buona qualità di vita.
Come fronteggiare questa emozione
Come si può fronteggiare l’emozione di tristezza?
- Fare spazio alla tristezza, accogliendola. Notare se si presenta con altre emozioni, tenendo a mente che ognuna di esse è essenziale per la sopravvivenza. Concentrare l’attenzione su cosa ci comunica la tristezza, senza giudicare ciò che proviamo
- Permettersi di esprimere questa emozione, senza tentare di celarla o soffocarla.
È fondamentale scegliere qualcuno di cui ci fidiamo, in grado di farci sentire accolti e compresi, al sicuro. - Mantenere le abitudini quotidiane di cura di sé, cercando di rispettare degli orari regolari, anche qualora il sonno dovesse risultare disturbato o fossimo in smart-working con orari più flessibili. La routine e un adeguato ritmo sonno-veglia sono importanti.
- Un iniziale ritiro in sé stessi è inevitabile e funzionale, ma va mantenuta la consapevolezza della necessità di continuare ad agire, anche se in maniera più rallentata, concedendosi degli spazi per sé. Può essere utile individuare delle attività che solitamente procuravano soddisfazione e che possano essere portate avanti compatibilmente con le restrizioni e portarne avanti almeno una al giorno. Questo potrebbe sembrare quasi impossibile se ci si sente privi di energie, è perfettamente normale. Spesso la parte più difficile è iniziare!
- Se la tristezza dovesse limitarvi per periodi prolungati nello svolgimento delle più normali attività quotidiane, accompagnandosi ad un senso di maggiore faticabilità, oppure se tale emozione vi sembrasse insormontabile, facendovi nutrire importanti e costanti dubbi circa la possibilità di affrontare in maniera efficace le problematiche che vi affliggono, valutate la possibilità di chiedere l’aiuto di un professionista.
Nessuno è responsabile del proprio dolore e chiedere aiuto non è un segno di debolezza, è un fondamentale atto di cura e responsabilità verso di sé e anche verso chi ci sta a cuore e ci è vicino.
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Articolo scritto da Verdiana Valagussa – Psicologa Psicoterapeuta
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Bibliografia
Leveni, D.; Michelin, P.; Piacentini, D. (2014). Superare la depressione. Un programma di terapia cognitivo-comportamentale. Firenze: Eclipsi
Giannantonio, M. (2012). Paura di sentire. Come gestire il <pericolo> delle emozioni. Trento: Erikson