Nell’articolo Vergogna: l’emozione indicibile abbiamo parlato in generale di questa emozione, della sua funzione, di quando può costituire un problema e di come ci spinge a reagire.
Oggi ci concentreremo sulla vergogna sperimentata da chi è stato vittima di maltrattamenti, abusi, violenza, grave trascuratezza. 

Le ricerche evidenziano come l’abuso infantile sia uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo della vergogna cronica, intesa come il senso pervasivo di essere sbagliati, difettosi, cattivi (Karan et al., 2014).
Agli occhi di tutti nessuno si merita esperienze avverse quali abusi, negligenza, maltrattamenti; eppure chi ha subito simili violenze sperimenta sovente un forte senso di vergogna, come se fosse responsabile di ciò che è accaduto. 

Potrebbe sembrare assurdo che una persona si incolpi e provi vergogna per qualcosa che l’ha danneggiata, su cui non aveva alcun potere.
Andiamo a vedere assieme quale meccanismo può spiegare tale vissuto. 

Sono io quello sbagliato, ergo ho il controllo!

Se un bambino viene picchiato, umiliato, se subisce violenza, se viene ignorato costantemente, soprattutto da chi si dovrebbe prendere cura di lui, sperimenterà un forte senso di impotenza. Essere un “bimbo buono” in balia di adulti inadeguati, incapaci di assolvere al loro compito è uno scenario terrificante, fa crollare ogni possibilità di controllo, rende il mondo del tutto imprevedibile. Ecco allora che il meccanismo appare più chiaro: “Non sono le mie figure di riferimento a non sapersi prendere cura di me in modo amorevole e caldo, ciò che accade è colpa mia! Devo essere proprio sbagliato, non merito amore!”. Sicuramente, questo ragionamento implicito, automatico genera grande sofferenza, ma ha un grande vantaggio, come sottolinea Knipe (2017): ovvero restituisce la possibilità di poter fare qualcosa. Se sono io ad essere manchevole, non abbastanza, cattivo, schifoso, se l’errore è mio posso rimediare! Il bambino riottiene così la possibilità di controllare l’incontrollabile, al posto di rimanere a contatto con la temibilissima sensazione di impotenza. 

Vergogna e colpa come difesa dal trauma

Da quanto detto appare evidente come vergogna e colpa assumano in questo caso la funzione di armi terribili per far fronte ad esperienze intollerabili.
Tali vissuti si ritrovano anche in adolescenti e adulti che hanno subito aggressioni, tentativi di violenza, maltrattamenti. Di fronte ad esperienze traumatiche, che ci fanno sentire sovrastati, attiviamo lo stesso meccanismo sopra illustrato: cerchiamo di trovare la spiegazione di quanto accaduto nel nostro comportamento, in noi stessi: 

  • “Ho provocato io la violenza”,
  • “Sono stato/a così stupido/a a fare quella strada”,
  • “Non avrei dovuto guardare quella persona in quel modo”,
  • “Dev’esserci qualcosa di sbagliato in me se mi è accaduto questo”

Questo stesso ragionamento illogico e irrazionale si riscontra spesso (e questo sì che è fastidioso!) tra le persone che circondano la vittima e a livello sociale. Non  è raro sentire frasi quali “Però bisogna dire che se l’è andato/a a cercare!”.

In questo modo si cerca di negare l’imprevedibilità e l’orrore che possono far parte della realtà, del mondo che ci circonda (Knipe, 2017).
Se ci concentriamo sui pensieri di chi ha subito l’esperienza traumatica, quei pensieri che generano vergogna e colpa, ci rendiamo conto di come essi siano il modo per rincorrere e aggrapparsi alla convinzione di poter controllare la situazione. Eppure questa sensazione di poter esercitare un certo controllo ha un prezzo salato in termini di definizione del sé. 

La vergogna del non aver reagito 

Chi ha subito aggressioni, umiliazioni e violenze spesso riporta anche frasi quali:

  • “Avrei potuto reagire e non l’ho fatto!”,
  • “Non sono fuggito/a”,
  • “Come ho potuto permettere che accadesse questo?”,
  • “Come ho fatto ad accettare queste cose senza ribellarmi?.


Ebbene, quando sentiamo di non avere altre possibilità, se non scorgiamo vie di fuga, il nostro corpo sceglie per noi e, per quanto le sue risposte possano sembrarci terribili, lo fa per proteggerci.  

Quando sentiamo di non avere chance di difenderci o fuggire il nostro corpo ricorre automaticamente allo spegnimento (Porges, 2018). Possiamo sentirci immobilizzati, paralizzati; possiamo avvertire la pesantezza negli arti, il respiro che si fa più superficiale; ci sentiamo ovattati, disconnessi dall’esperienza e dal nostro corpo.
Si tratta di una difesa biologica al pericolo.
Non possediamo solo un meccanismo di difesa ed è il nostro sistema nervoso ad attivare la strategia più adattiva sulla base di valutazioni automatiche della situazione ambientale.
Non siamo noi a scegliere, il nostro sistema nervoso lo fa per noi, sulla base dell’evoluzione. 

Di fronte a traumatizzazioni ripetute quello che può accadere è che le risposte dissociative e di spegnimento vengano attivate con maggiore facilità, anche di fronte a minacce minori, che ricordano esperienze traumatiche (Steele, 2014). 

Vergogna, colpa e lavoro in terapia

La colpa e soprattutto la vergogna sono emozioni destabilizzanti, pertanto l’intervento in terapia è modulato, si procede un passo alla volta, senza mai superare la soglia di sopportazione personale. È fondamentale dare un senso al proprio vissuto, esplorarne la funzione, al fine di elaborare una prospettiva più ampia di comprensione del sé. Ciò permette lo sviluppo di un atteggiamento empatico verso di sé e verso le proprie reazioni, base imprescindibile per lo sviluppo di credenze, interpretazioni e pensieri maggiormente funzionali e realistici. 

Bibliografia 

Karan, E.; Niesten, I.J.M.; Frankenburg, F.R.; Fitzmaurice, G.M.; Zanarini, M.C. (2014). The 16-year course of shame and its risk factor in patients with borderline personality disorder. Personal Mental Health, 8, 169-177

Knipe, J. (2017). EMDR Toolbox. Teoria e trattamento del PTSD complesso e della dissociazione. Roma: Giovanni Fioriti Editore

Porges, S.W. (2018).La guida alla teoria polivagale. Il potere trasformativo della sensazione di sicurezza. Roma: Giovanni Fiorentini Editore

Steele, K. (2014). Una malattia dell’anima: Comprendere e trattare la vergogna cronica. Congresso “Attaccamento e Trauma: Relazioni e compassione” – ROMA. Istituto di Scienze Cognitive

Articolo scritto dalla dott.ssa Verdiana Valagussa psicologa e psicoterapeuta presso il centro Interapia di Saronno

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