Come te la spiego la paura di essere felici Quando non l’hanno capita nemmeno I miei amici Mi dicono di stare calma quando serve Mi portano del latte caldo e delle coperte Ed è proprio quando stanno a parlare che vorrei gridare “Grazie a tutti, ora potete andare” Ma resto qui (Martina Attili)
Ti è mai capitato di sentirti bene, di fermarti per un momento e notare che tutto sta andando per il verso giusto, che il lavoro, la famiglia, la salute, la scuola, gli affetti procedono bene e, all’improvviso, di sentirti pervaso da un senso di angoscia, di ansia che tutto all’improvviso possa finire? Ecco, questa è la cherofobia, la paura di essere felici.
Il termine cherofobia
L’etimologia del termine deriva dal greco kairós “momento opportuno/propizio” e phóbos “paura/panico”, che letteralmente può essere tradotto con “la paura di ciò che va bene”.
Nel 2018, la cantautrice Martina Attili lo rende il titolo di una canzone, raccontando proprio di una ragazza che si ritrova ad aver paura di stare bene e di essere felice.
Per quanto non sia un vero e proprio disturbo diagnosticabile sulla base di criteri standardizzati all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), la cherofobia si configura come una forma di ansia anticipatoria, che può portare chi la sperimenta a considerare la felicità come una potenziale minaccia dalla quale doversi difendere, mettendo anche in atto, in modo più o meno consapevole, comportamenti auto- sabotanti con l’obiettivo di evitare tutto ciò che può essere “piacevole”.
La credenza negativa alla base di tale paura, può essere identificata come una frase che suona più o meno come “se tutto ti va bene e ti senti felice, allora poi tutto avrà fine e starai malissimo”.
Come si comporta chi ha paura di essere felice?
Ad uno sguardo superficiale, la cherofobia potrebbe sembrare una forma depressiva, ma più che un ottundimento emotivo, vi è un evitamento attivo delle emozioni piacevoli, a causa di una sorta di timore che poi quelle stesse sensazioni si “rivoltino contro” e portino a soffrire e stare male.
In altri termini, la cherofobia porta con sé la convinzione che i momenti di felicità e spensieratezza siano precursori di eventi brutti latori di tristezza e sofferenza. Permettersi di stare bene nel momento presente significherebbe, quindi, destinarsi a stare male poi.
Tale convinzione irrazionale può presentarsi in qualsiasi ambito della vita di ognuno, con la conseguente messa in atto di meccanismi sabotanti. Ad esempio, una persona può evitare di investire completamente in una relazione a causa del pensiero fisso “e se poi mi trovo bene e poi va male e alla fine sto male?”, ritrovandosi così a instaurare solo relazioni superficiali, che inevitabilmente né rendono felici né tantomeno appagano, finendo per direttissima ad esperire proprio quelle stesse sensazioni di malessere che si volevano evitare in prima battuta, ma senza nemmeno essersi dati occasione di stare bene prima.
Si delinea così l’idea che la fobia non sia veramente nei confronti della felicità in sé, ma piuttosto per la minaccia che ciò che la felicità comporterebbe.
L’idea di un’emozione piacevole, in questo senso, porta con sé la paura di perdere il controllo, o comunque di abituarsi a quello stato di benessere, sentendosi poi presi alla sprovvista e, quindi, soffrendo ancora di più in un successivo momento difficile.
Tra le gioie che vengono più evitate per non innescare questo tipo di meccanismo vi sono:
- il piacere sessuale,
- il venire sentimentalmente corrisposti,
- un successo pubblico,
- il raggiungimento di un proprio obiettivo significativo o di ciò che si desidera.
I sintomi più comuni della cherofobia
- Evitamento di opportunità che potrebbero portare a cambiamenti positivi;
- Senso di colpa se ci si sente felici;
- Ansia nei confronti di eventi sociali ed evitamento degli stessi;
- Convinzione che la felicità sia una perdita di tempo o comunque inutile;
- Convinzione che la felicità porti con sé qualcosa di negativo;
- Rifiuto a prendere parte ad attività divertenti;
- Rifiuto a mostrare in pubblico emozioni piacevoli.
Le origini della cherofobia
La paura di essere felici rappresenta un ostacolo per il benessere, un auto-sabotaggio che può derivare da un accumulo di tante esperienze negative che in qualche modo disabituano la persona dall’esperienza di emozioni piacevoli.
Può essere frutto: di educazioni e dictat morali rigidi, nonché di traumi infantili (ma non solo infantili) non risolti che portano con sé la messa in atto di uno strenuo controllo emotivo, difendendosi da tutto che è “felicità” con l’idea.
Per fare solo qualche esempio, che nella vita ci si debba mostrare umili, che solo faticando e mantenendo la testa bassa si possano raggiungere i propri obiettivi, che tanto è sempre tutto andato male e quindi qualcosa che va bene è per forza effimero e aleatorio, che non si è mica poi meritevoli di un po’ di felicità, che sì quella cosa è andata bene, ma solo se va TUTTO bene allora vale …
In generale, la cherofobia potrebbe avere origine da ripetute esperienze nelle quali a momenti di gioia o entusiasmo si susseguivano punizioni o eventi di perdita di vario genere, andando a crearsi un legame causale automatico tra felicità e dolore.
Inoltre, considerando il contesto sociale che quotidianamente respiriamoe, la felicità sembra essere un obiettivo da ottenere a tutti i costi, ma solo raggiungendo prima determinati obiettivi utopistici quali costruirsi una bella famiglia, fare carriera lavorativa, ottenerebrillanti risultati scolastici … insomma, l’idea oggigiorno sembra essere quella che si possa essere felici solo se si è perfetti in tutto ciò che si fa.
Il ruolo del perfezionismo
Vien da sé che, nel momento in cui si chiama in campo “perfezione”, si sia nell’ambito di qualcosa al quale sì tendere e ambire, ma che non è veramente raggiungibile perché appartenente al platonico Mondo delle Idee, ben separato e distante dal mondo nel quale operiamo noi esseri umani.
In questo senso, fare della perfezione un obiettivo, porta con sé l’ansia di dover raggiungere qualcosa che nel profondo si sa essere irraggiungibile e la frustrazione di non poterlo raggiungere, sminuendo e auto-sabotando ciò che di piacevole si incontra nel proprio percorso di vita e arrivando finanche ad essere terrorizzati quando ci si sente felici.
Troppo abituati e impegnati a non poterlo essere (perché lo si potrà essere solo raggiunti i vari obiettivi), la felicità diviene un’emozione della quale non si è fatta la conoscenza e, come tutto ciò che non conosciamo, diviene qualcosa di cui diffidare ancora prima di arrivare a provarla, perché poi potrebbe portare a tragedie e orrori impensabili ancora prima che indicibili. Ed è così che la felicità assume l’aspetto dell’antro di una caverna buia che non si sa cosa nasconda al proprio interno e che, quindi, fa più che paura.
Anche a livello neurobiologico, cercando il più possibile di trascorrere un’esistenza razionale e metodica volta al raggiungimento dei suddetti obiettivi, è come se il cervello si disabituasse ai substrati neurochimici sottesi a sensazioni quali benessere e felicità, faticando a riconoscerli e gestirli quando occorrono e, quindi, gestendoli come potenziali nemici, fino a scatenare anche dei veri e propri attacchi di panico.
Come gestire e affrontare la cherofobia
- Per poter imparare a conoscere le proprie emozioni, capendo da cosa sono elicitate e a quali comportamenti conducono, può essere utile tenere un diario delle stesse, appuntando gli eventi più significativi delle proprie giornate e prestando particolare attenzione a ciò che si sente, cosa fa stare bene e cosa spaventa e come poi si reagisce a tutto ciò.
- Focalizzarsi sul momento presente e su come questo faccia stare, lasciando ai margini della propria consapevolezza ciò che è stato e ciò che potrebbe essere. Ad esempio, può essere utile la pratica di uno sport, la meditazione o un’uscita ludica con gli amici, con l’idea di viversi il momento per come viene, senza nessun obiettivo particolare o aspettative legate al poi.
- Circondarsi di persone con le quali è piacevole stare e con le quali si riesca a comunicare i propri stati d’animo. L’essere eccessivamente introversi, tenendosi tutto dentro, risulta essere controproducente sotto tanti punti di vista, invece, comunicare agli altri i propri timori può aiutare a mettere più a fuoco cosa si sta provando, rendendolo più reale e, quindi, gestibile, scoprendo magari di non essere nemmeno gli unici a sentirsi come ci si sente e permettendosi anche di imparare dall’esperienza altrui in un clima empatico di condivisione.
- Infine, intraprendere un percorso di psicoterapia finalizzato ad una maggiore consapevolezza di sé permetterebbe di indagare in modo personale e specifico le origini e le motivazioni che si celano dietro i comportamenti di evitamento delle emozioni piacevoli, consentendo di affrontare tale paura in modo profondo sulla base della propria storia di vita, attribuendo, infine, nuovi significati all’esperienza di momenti di felicità.
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Autore
Articolo scritto dalla dott.ssa Ilaria Loi psicologa e psicoterapeuta presso la sede di Legnano
Scegliere il giusto terapeuta è sempre un percorso difficile, assicurati sempre che lo psicologo o lo psicoterapeuta a cui ti rivolgi sia iscritto al rispettivo albo di appartenenza.
Per verificare se uno psicologo è iscritto regolarmente all’albo professionale in Italia, è possibile consultare l’albo online dell’Ordine degli Psicologi della regione di appartenenza del professionista. È anche possibile verificare se uno psicologo è qualificato come psicoterapeuta.
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