Il Disturbo d’ansia generalizzato è caratterizzato dalla presenza di sintomi d’ansia e da uno stato di preoccupazione costante ed eccessiva, sproporzionata rispetto alla realtà dei fatti.
Negli Stati Uniti, le stime indicano che il 2,9% della popolazione adulta ha sofferto di questo disturbo per almeno 12 mesi (fonte: DSM – 5, 2013). Negli altri paesi le percentuali variano da un minimo di 0,4% ad un massimo di 3,6%: in Italia lo 0,5% della popolazione ha sofferto di ansia generalizzata con prevalenza a 12 mesi, mentre l’1,9% ha mostrato la prevalenza del disturbo nell’intero corso della vita (fonte: progetto ESEMeD, Prevalenza dei Disturbi Mentali in Italia, 2003). Questo disturbo d’ansia inoltre è più tipico nelle donne: il sesso femminile ha il doppio delle probabilità di soffrirne, soprattutto attorno ai 30 anni.
Le caratteristiche del Disturbo d’ansia generalizzato
Caratteristica del Disturbo d’Ansia Generalizzato è la manifestazione di sintomi ansiogeni protratti nel tempo, anche in assenza di veri e propri fattori o eventi esterni che li scatenino. Tali sintomi ansiogeni sono:
- Facile affaticabilità;
- Difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria;
- Irritabilità;
- Tensione muscolare;
- Alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto e insoddisfacente).
Tali segni sono normali in certe situazioni di stress o in particolari periodi di vita, se transitori, ma costituiscono un disturbo d’ansia generalizzato quando si manifestano con frequenza quasi giornaliera, in modo continuativo per almeno sei mesi.
Ne risulta che l’individuo ha difficoltà a controllare la preoccupazione, manifesta un significativo disagio e una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, nella famiglia e nelle aree più importanti della sua vita.
Soggetti con disturbo d’ansia
I soggetti che presentano tale disturbo appaiono cronicamente ansiosi e apprensivi e versano in uno stato di eccessiva preoccupazione per le circostanze quotidiane che comporta una condizione di allarme e ipervigilanza.
Pur in assenza di gravi ma soprattutto realistiche motivazioni, riferiscono sentimenti di apprensione circa la salute e l’incolumità fisica dei familiari, la situazione finanziaria, le capacità di rendimento lavorativo o scolastico.
Strategie su come gestire l’ansia
Condividiamo alcune strategie che secondo il dr. Giovanni Maria Ruggiero, direttore della Scuola di terapia cognitiva e cognitivo comportamentale ‘Psicoterapia Cognitiva e Ricerca’, funzionano nella gestione dell’ansia, strategie che è possibile utilizzare col supporto di una psicoterapia cognitivo-comportamentale:
- Esposizione. Il terapeuta supporta il paziente nell’esporsi alle situazioni temute, provando ad affrontarle. L’esposizione può essere sia diretta sia immaginativa, sia graduale sia totale. Attraverso questo metodo il soggetto può ottenere informazioni dirette e non immaginarie sulle condizioni che teme e quindi assumere un rischio calcolato e abituarsi ad uno stimolo che può aver giudicato come distorto.
- Fantasticare sulle conseguenze. Consiste nell’indurre il paziente a immaginare le conseguenze di una certa situazione problematica ed esporre le fantasie e le immagini riguardanti quella situazione. È possibile in questo modo lavorare sulla costruzione di fantasie più realistiche rispetto al pericolo temuto, apprendendo al contempo migliori strategie di padroneggiamento di esso.
- Analizzare vantaggi e svantaggi e modificare gli svantaggi in vantaggi. Si invita il paziente a produrre una lista dei vantaggi e degli svantaggi legati al mantenimento o al cambiamento di alcune proprie credenze o comportamenti.
- Graduazione. Consiste nel far immaginare al paziente tutte le posizioni intermedie tra due scenari estremi immaginati, solitamente uno catastrofico e uno di perfetta tranquillità. Sarà così possibile comprendere che esistono diverse condizioni intermedie tra le due posizioni estreme, e che la probabilità che si verifichi la peggiore è in realtà la più bassa.
- Autoistruzioni. Consiste nell’aiutare il paziente ad avere fiducia in se stesso e nella propria capacità di risoluzione dei problemi: ciascuno di noi parla con se stesso nei momenti di difficoltà dandosi ordini, direttive o istruzioni. È possibile imparare a dare a se stessi autoistruzioni positive ed efficaci, alternative ai pensieri disfunzionali automatici.
- Stop del pensiero. Si tratta di imparare che non si è condannati a pensare sempre in modo negativo: è infatti possibile bloccare il flusso di pensieri catastrofici, senza sentirsene schiavi
Articolo scritto dalla dott.ssa Annarita Scarola Psicologa Psicoterapeuta
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