La depressione maggiore è una patologia che rientra nello spettro dei disturbi dell’umore ed è una malattia sempre più diffusa, in costante aumento e fonte di estrema sofferenza, poiché tende a cronicizzarsi se non trattata per tempo.
Le persone che soffrono di depressione mostrano frequenti e intensi stati di insoddisfazione e tristezza, non provano piacere nelle comuni attività quotidiane, vivono in una condizione di costante malumore e manifestano pensieri negativi e pessimisti circa sé stessi, gli altri e il proprio futuro.
Pur essendo la depressione una malattia molto diffusa, ci sono alcune fasce di popolazione più a rischio di altre: vediamo quali.
Donne
I sintomi della depressione possono colpire chiunque a qualunque età, ma è più frequente tra i 25 e i 44 anni di età ed è due volte più comune nelle donne adolescenti e adulte.
Inoltre le donne attraversano generalmente un periodo molto delicato della loro vita, quello della gravidanza, che le rende più vulnerabili rispetto al sesso maschile.
Difatti frequentemente si parla di depressione post-partum, che insorge nelle settimane successive al parto e si caratterizza per umore depresso, anedonia, autosvalutazione, alterazioni fisiologiche. Il periodo della gravidanza e del post-partum è un periodo critico per la donna: sin dal concepimento deve adattarsi a diversi cambiamenti sia interni che esterni e riorganizzare l’immagine di sé e la propria identità; spesso emergono sentimenti di inadeguatezza, incapacità e si trova a dover gestire emozioni contrastanti quali felicità, gioia, paura, preoccupazione, tristezza.
Gli uomini tuttavia non sono esclusi dalla crisi che questo delicato periodo di transizione comporta: la depressione post-partum può colpire entrambi i genitori con un rapporto rispettivamente di 1 su 7 nelle donne e di 1 su 10 negli uomini. Si parla in questo caso di depressione perinatale paterna e si manifesta con sintomi quali irrequietezza, tristezza, malinconia, impotenza, disperazione, sconforto, perdita d’interessi, preoccupazione costante, calo della libido, insonnia, ma anche comportamenti violenti, attività fisica o sessuale compulsive, relazioni extraconiugali, disturbi del comportamento alimentare, alcolismo o altri disturbi di dipendenza.
Anziani
La depressione è una patologia molto diffusa tra gli anziani, soprattutto tra quelli che risiedono in case di riposo o in istituti di lungodegenza. Le persone infatti con un’età dai 65 anni in su sono generalmente più vulnerabili sia sul piano biologico per l’indebolimento dello stato di salute sia sul piano psicosociale a causa dei lutti, delle perdite e delle separazioni a cui sono esposti; questo si accompagna a un conseguente decremento dell’autostima e del supporto familiare e sociale.
La depressione in età senile si manifesta con una sintomatologia caratterizzata: da episodi di :agitazione, sintomi somatici quali disturbi gastrointestinali e facile affaticamento, alterazioni cognitive che in alcuni casi evolvono in forme di demenza; irrequietezza motoria associata a sentimenti d’ansia molto accentuata e spesso somatizzata, timori ipocondriaci con l’ossessione della paura della morte, contenuti depressivi relativi alla disabilità e alla perdita di autonomia e idee deliranti centrate sulla convinzione di essere vittima di furti, tradimenti o maltrattamenti; i sentimenti di tristezza e disforia compaiono di solito in una fase successiva, mentre la fase iniziale è appunto caratterizzata da sintomi che si collocano più sul versante ansiogeno.
Spesso le persone che manifestano una depressione in età senile hanno sofferto nel corso della vita di questa patologia, per cui si tratta di una ricaduta e raramente presenta un andamento cronico;.
i può essere, tuttavia, un’insorgenza tardiva e il primo episodi può anche verificarsi proprio quando la persona è anziana: in questi casi c’è una maggiore tendenza alla cronicizzazione e persistenza dei sintomi residui; inoltre da quest’ultima forma clinica sembrano essere colpiti maggiormente i maschi.
Bambini e adolescenti
Mentre all’interno della popolazione adulta le donne sono più colpite degli uomini dalla depressione, le bambine e i bambini sembrano soffrirne in egual misura. Secondo l’Anxiety and Depression Association of America circa il 2-3% dei bambini di età compresa tra 6 e 12 anni potrebbe avere un disturbo depressivo maggiore.
Non è facile riconoscere l’insorgere della depressione nei bambini perché tale patologia assume forme diverse da quelle riscontrate nell’adulto, con sintomi soprattutto fisici e comportamentali: irritabilità, scarso interesse per il gioco, lamentele somatiche, aggressività.
La depressione nei bambini può manifestarsi con sentimenti di tristezza, perdita di interesse verso attività che prima venivano svolte con piacere, sentimenti di sfiducia, inutilità, mancanza di valore, evitamento di attività scolastiche e relazionali con conseguente isolamento; oppure può manifestarsi con sentimenti di rabbia, irritabilità, aggressività, con frequenti scatti d’ira verso sé stessi o verso le persone intorno a loro.
Il tutto è generalmente accompagnato da senso di stanchezza, affaticabilità, alterazione del sonno (i bambini possono dormire di più o avere un sonno ridotto, irregolare o soffrire di insonnia), possono avere un aumento o una diminuzione dell’appetito e sintomi psicosomatici come disturbi gastrointestinali o mal di testa.
In tutti questi casi è fondamentale rivolgersi ad un professionista e trattare la patologia depressiva, per evitare che si aggravi o si cronicizzi e per migliorare la propria qualità di vita, riducendo la sofferenza emotiva e relazionale che ne deriva. Il modo migliore per affrontare la depressione maggiore è richiedere sia un intervento farmacologico, spesso necessario per agire sulle cause biologiche della depressione, sia un intervento di psicoterapia, per poter imparare a tollerare e gestire gli stati emotivi dolorosi e a modificare i pensieri che tipicamente caratterizzano chi soffre di depressione (autocritiche, autosvalutazioni e costanti autorimproveri, convinzioni che gli altri siano cattivi e poco accoglienti e che il futuro sia senza speranza), col fine di migliorare la qualità di vita e costruire relazioni più soddisfacenti.
Articolo scritto dalla dr.ssa Annarita Scarola, Psicologa e Psicoterapeuta