Negli ultimi decenni una parte della ricerca in psicoterapia ha voluto approfondire il legame esistente tra emozioni e pensieri, al fine di comprendere meglio come esso si esprima nei vari disturbi psicologici. Ciò che si è osservato è stato un ruolo nella genesi e nel mantenimento della patologia, come per i disturbi d’ansia, i disturbi dell’umore, i disturbi ossessivo-compulsivi, i disturbi alimentari ed altri ancora. Da queste evidenze scientifiche, la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale ha saputo trarre ispirazione per mettere a punto efficaci tecniche in grado di sciogliere un nodo che in molti disturbi psicologici può divenire soffocante.
Cosa sono i Pensieri?
Con il termine “pensieri” si intendono una serie di rappresentazioni mentali e credenze su noi stessi, sugli altri, sulle nostre relazioni e sul mondo esterno, cioè delle idee, immagini, dei concetti e dei ricordi nei quali siamo abituati ad identificarci, costantemente.
Cosa Sono le Emozioni ?
Quando parliamo di “emozioni”, invece, ci riferiamo a tutti i cambiamenti fisiologici e psicologici in risposta ad uno stimolo, interno o esterno, che ci riguardano in un dato momento. Di emozioni innate, cosiddette “primarie”, ne sono state identificate sei: rabbia, paura, tristezza, gioia, disgusto, disprezzo e sorpresa (Ekman P., 2008), ma ad esse vanno ad aggiungersi numerose emozioni secondarie, più complesse.
RELAZIONE PENSIERI-EMOZIONI
Quali sono, in definitiva, i processi che “annodano” tra loro pensieri ed emozioni?
Le teorie cognitiviste sulle emozioni (Schachter e Singer, 1962) sostengono che i pensieri abbiano un ruolo fondamentale nella formazione degli stati emozionali, poiché l’attivazione fisiologica si verifica per prima ma poi l’individuo deve dare un significato a questa eccitazione per etichettarlo come emozione.
Considerando che pensieri ed emozioni sono in relazione, è vero anche che le nostre emozioni condizionano i nostri pensieri in vari modi, ad esempio sappiamo dalla Psicologia Cognitiva che tramite il cosiddetto mood congruity effect tendiamo a richiamare alla mente i ricordi congruenti con l’umore attuale (Bower, 1981), oppure rinforziamo le intenzioni ad agire in un certo modo all’interno di una specifica situazione.
E’ risaputo infatti che lo stato emotivo funziona come una vera e propria fonte d’informazione, che è considerata soggettivamente tanto più autorevole quanto più l’individuo è abituato a sperimentare quel dato stato emotivo (ad esempio se sono abituato a provare sensi di colpa, tenderò ad immaginarmi responsabile anche laddove i fatti non sostengano la mia colpa, come accade nel Disturbo Ossessico-Compulsivo).
Recenti ricerche condotte su persone con disturbi d’ansia (Fobie, Disturbo da Attacchi di Panico, Disturbo d’Ansia Generalizzata) o con Disturbo da Stress Post-Traumatico hanno riscontrato che questi individui tendono a valutare la presenza di un pericolo a partire dal proprio stato emotivo negativo, vale a dire l’ansia, secondo il principio: “Se mi sento ansioso, deve esserci un pericolo!” (Arntz A., 1995). Questo meccanismo è definito “Ragionamento Emozionale” e gioca un ruolo cruciale nello sviluppo e nel mantenimento dei disturbi d’ansia.
Il Ragionamento Emozionale sembra infatti attivare un circolo vizioso, in cui lo stato emotivo (ad esempio, paura, ansia, ecc.) viene utilizzato per confermare erroneamente pensieri e credenze relativi alla presenza di pericoli o minacce, che a loro volta amplificano l’emozione di partenza, e così via. Il Ragionamento Emozionale rappresenta quindi un fattore di rischio importante nello sviluppo dei disturbi d’ansia, così come per altri disturbi quali il Disturbo Ossessivo Compulsivo o i Disturbi dell’Umore.
Sarebbe possibile menzionare altre evidenze scientifiche a descrizione del legame pensiero-emozione, ma basti considerare che ad oggi questo rapporto è stato ampiamente studiato tale che una sua trattazione richiederebbe molte pagine per ritenersi esauriente.
LA TECNICA DELLA RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA
Attraverso la Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Comportamentale è possibile intervenire su questa dialettica pensiero-emozione laddove vi siano processi di pensiero disfunzionali che generano e mantengono vissuti emotivi disturbanti, come illustrato in precedenza.
Situazioni di vita particolari quali perdite materiali, problemi relazionali, performance, ed altre circostanze giudicate stressanti vengono valutate da ciascuno sulla base delle informazioni già contenute in memoria, inducendo in maniera automatica ricordi e nuovi pensieri. In conseguenza delle modalità di pensiero utilizzate (attribuzioni, previsioni e valutazioni distorte, credenze disfunzionali) si possono sperimentare emozioni intense e disturbanti quali paura, ansia, rabbia, tristezza e vergogna, spesso già vissute in passato e di difficile gestione nell’attualità, in situazioni che ai più non suscitano una simile attivazione emotiva.
La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale sfrutta, sia attraverso un processo di rivalutazione e ricostruzione del proprio passato, che di valutazione critica e razionale del presente e del futuro, la capacità che i ricordi e gli altri pensieri hanno di modulare le emozioni negative intense attualmente vissute.
Questo processo è stato denominato “Ristrutturazione Cognitiva” ed è una tecnica che mira a sostituire i pensieri automatici negativi con altri pensieri più adattivi e realistici, aiutando l’individuo a gestire efficacemente i propri stati emotivi dolorosi e di conseguenza a comportarsi in maniera più funzionale (Sassaroli S. e Lorenzini R., 2000).
di Simone Sottocorno
BIBLIOGRAFIA
- Arntz A. et al., 1995, “If I feel anxious, there must be danger: Ex-consequentia reasoning in inferring danger in anxiety disorders”, Behaviour Research and Therapy, Vol. 33 (8): 917-25;
- Bower G. H., 1981, “Mood and Memory”, American Psychologist;
- Ekman P., 2008, “Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste”, Amrita Ed.;
- Lopatcka C. e Rachman S., 1995, “Responsabilità percepita e controllo compulsivo: un’analisi sperimentale”, Ricerca sul Comportamento e Terapia, 33 (6): 673-84;
- Sassaroli S. e Lorenzini R., 2000, “La Mente prigioniera”, Milano: Raffaello Cortina Ed.;
- Monroe S. M. et al., 1999, “Life events and depression in adolescence: Relationship loss as a prospective risk factor for first onset of major depressive disorder”, Journal of Abnormal Psychology, 108, pp. 606-614;
- Schachter S. e Singer J. E., 1962, “Cognitive, social, and physiological determinants of emotional state”, Psychological Review, 69: 379-99.
dott.ssa Annarita Scarola
inizia la sua attività terapeutica nell’ambito della disabilità grave e del fine vita, effettuando sostegno psicologico ai malati di SLA e accompagnamento alla morte. Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale.
dott.ssa Elena Cristina
inizia la sua attività clinica occupandosi di psicologia dell’invecchiamento sano e patologico, neuropsicologia e psicologia del malato oncologico (psico-oncologia). Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
dott.ssa Laura Grigis
inizia la sua attività come psicologa nell’ambito del sostegno e potenziamento delle abilità scolastiche, anche in situazioni di Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
La psicoterapia studia la mente umana. Mi da una definizione oggettiva e universalmente accettata del suo oggetto di studio? Mi dice con quale strumento lo si misura? Quale è l’unità di misura dell’ansia, della paura, della gioia? Dopo che avrà risposto in maniera convincente (ma non ci riuscirà perché impossibile) potrebbe iniziare al usare aggettivi tipo ‘scientifico’ associati alla psicologia, psicoterapia, psichiatria. Prima lo eviti perché starebbe perpetrando un abuso. Le persone che non ci ragionano sopra e leggono ‘psicologia scientifica’ acriticamente ci credono e abboccano, ma chi è del mestiere lo sa che fa un uso di questi aggettivi pilotato alla giustificazione di una validità obbiettiva che la sua disciplina non ha. Basti vedere i continui dissidi fra le varie scuole di pensiero in campo psicologico che nelle vere scienze non esistono
Buongiorno,
intanto la ringrazio per aver posto la domanda. Colgo volentieri l’occasione per aprire un dibattito epistemologico al quale lei mi invita.
Prima di rispondere ai suoi quesiti mi consenta tuttavia una puntualizzazione: la psicoterapia non studia la mente umana, bensì la cura (è, come appunto suggerisce l’etimologia stessa del termine, una cura per la mente/”anima” direbbero gli antichi) che muove direttamente dalla psicologia (che è invece discorso/studio della mente umana).
L’oggetto di studio della psicologia è quindi la mente, sin dalla sua origine. Una definizione universalmente accettata di mente comunque dovrebbe essere quella che la definisce una funzione emergente (o, meglio, un insieme di funzioni emergenti) dall’organo cervello.
La psicologia è una scienza eccome e su questo c’è assoluto consenso; è definita tale proprio perché si avvale del metodo scientifico (quindi sperimentale) per studiare i suoi elementi di interesse (le funzioni cognitive e metacognitive, i comportamenti, la personalità, ecc.).
Riguardo al misurare oggettivamente le emozioni che lei menziona: bisogna innanzitutto specificare che le emozioni altro non sono se non configurazioni specifiche di parametri fisiologici, la cui attivazione dipende da informazioni codificate nel nostro codice genetico (emozioni di base); questo arousal/attivazione si può misurare scientificamente, cioè oggettivamente. Naturalmente ciò non toglie che, come qualsiasi fenomeno che è anche percepito soggettivamente, possa essere descritto e comunicato con qualità del tutto personali.
Mi sembra di cogliere nel tono del suo commento una certa persecutorietà: “pertpetrare abusi”, “le persone abboccano”, “quelli del mestiere ne fanno un uso pilotato”.. Francamente non vedo sotterfugi o maleintenzioni da parte di chissachì (ma poi perché dovrebbero??). Secondo me non ci sono complotti.
Sicuramente è un tema filosofico molto affascinante quello inerente la diatriba fra posizioni soggettiviste/relativiste/costruttiviste e posizioni assolutiste/positiviste/deterministe/materialiste.
Humberto Maturana scrisse qualcosa che aprirebbe il campo a lunghe digressioni difficilmente riducibili in questo post: “Tutto ciò che è detto è detto da un osservatore ad un altro osservatore”. Anche questo mio commento.
Cordiali saluti,
dott. Simone Sottocorno
ma l´Emozione e il pensiero non fanno parte dello stesso processo,non sono la stessa cosa,senza uno non esisterebbe anche l´altro?
Per esempio,senza il dolore non c´é il piacere e viceversa?
Qui non é per caso il Dualismo con il suo razionalismo che viene a confondere le cose?
E possibile il razionalismo senza parole?
Sono le parole e la lingua parlata che ha dato inizio al razionalismo?
L´uomo di neanderthal – che non conosceva e non padroneggiava la parola ,non razionalizzava e quindi non aveva disturbi nevrotici?
Sono le Malattie Psicologiche una conseguenza della Parola ,del Pensiero – Dialogo e razionale?
Grazie.
Buongiorno,
pone molte domande, anche di notevole complessità. Proverò a rispondere con ordine.
Emozione e pensiero sono processi interconnessi ma distinti nel funzionamento cognitivo. Le emozioni spesso influenzano il pensiero e viceversa, creando una relazione reciproca. Tuttavia, possono anche esistere indipendentemente l’una dall’altra. Il pensiero può manifestarsi senza un’emozione specifica, e le emozioni possono emergere senza un coinvolgimento diretto del pensiero razionale. Sono componenti complesse della nostra esperienza umana e interagiscono in modi diversi a seconda del contesto e delle situazioni.
Il razionalismo è un processo di pensiero basato sulla ragione e sulla logica. Sebbene le parole e il linguaggio siano strumenti potenti per esprimere e comunicare la ragione, non sono l’unico mezzo attraverso cui essa può manifestarsi; può per esempio essere presente anche attraverso la comprensione logica e la risoluzione di problemi (manipolazione di simboli non linguistici) anche in assenza di parole. Tuttavia, l’evoluzione del linguaggio ha certamente contribuito enormemente a potenziare e articolare il razionalismo nelle società umane.
Sulle condizioni mentali degli uomini di Neanderthal: è difficile fare ipotesi poiché non esistono dati diretti a riguardo. Tuttavia, è secondo me plausibile che la loro mancanza di linguaggio avanzato e razionalizzazione potesse influenzare la manifestazione di disturbi nevrotici in modi diversi rispetto agli esseri umani moderni. La comprensione delle condizioni psicologiche nelle popolazioni preistoriche può in definitiva essere solamente speculativa!
I disturbi psicologici inoltre possono essere influenzati da molteplici fattori, inclusi il linguaggio e il pensiero, ma sono determinati da una vasta gamma di elementi complessi (esperienze di vita, predisposizioni genetiche e fattori ambientali).
Grazie per avere animato la discussione!
Un caro saluto,
dott. Simone Sottocorno