Il rimuginio e la ruminazione sono due processi cognitivi che creano nella mente del soggetto un circolo vizioso di pensieri negativi. 

In generale le caratteristiche comuni a tali modalità di pensiero sono:

  • ripetitività, pensieri sempre uguali che si ripetono;
  • negatività, pensieri negativi su avvenimenti che potrebbero succedere o accaduti;
  • incontrollabilità, incapacità di fermare i pensieri ripetitivi;
  • contenuto principalmente verbale, sono caratterizzati più da frasi che immagini;
  • astrattezza, non guidano all’azione ma attirano solo altri pensieri;
  • dispendio di energie, portano a una mancanza di concentrazione per altre attività.

Rimuginio e ruminazione differiscono però in quanto il primo è orientato al futuro (“E se…?”), mentre il secondo si rivolge ad analizzare e comprendere le cause passate del proprio malessere (“Perché…?”).

IL RIMUGINIO

Il rimuginio consiste in un pensiero di natura verbale e astratta caratterizzato dall’analisi di uno o più eventi futuri negativi che potrebbero accadere o peggiorare la situazione. E’ caratterizzato dalla ripetitività del pensiero che si focalizza su contenuti catastrofici di eventi che potrebbero manifestarsi in futuro. Il rimuginio è considerato incontrollabile ed intrusivo ed è una delle componenti principali dell’ansia, in particolare del disturbo d’ansia generalizzato in cui il soggetto rimugina e ripete mentalmente a se stesso scenari futuri negativi. 

Il rimuginio è infatti una modalità di fronteggiamento dell’ansia generata dalla percezione di situazioni vissute come pericolose e/o incerte e per questo difficili da gestire; quindi rimuginare sulla situazione temuta ha lo scopo di cercare di prevenirla e controllarla. Rimugina in particolare chi si sente poco capace di poter controllare gli eventi incerti, in questo modo si ha la percezione di poter anticipare e controllare il possibile verificarsi dell’evento futuro temuto. Il non verificarsi delle conseguenze temute determina, poi, il rinforzo di tale processo di pensiero.

Chi rimugina e teme sempre possa avverarsi il peggio non riesce a valutare possibili alternative per gestire la situazione, arrivando a sentirsi alla lunga debole, fragile, insicuro e costantemente soggiogato dalla pericolosità del futuro. Di conseguenza il rimuginio si cronicizza e diviene maladattivo e disfunzionale. 

Il rimuginio è tanto più pervasivo quanto più la persona attribuisce a questo processo mentale significati positivi, cioè pensa che rimuginare sia utile, aiuti a risolvere i problemi, prepari al peggio, riduca la probabilità che accada l’evento temuto. Spesso si rimugina per sentirsi più sicuri o per analizzare meglio un problema, con l’effetto che queste credenze disfunzionali legate all’utilità del rimuginio mantengono una condizione di ansia e una erronea percezione di risoluzione del problema stesso. 

RIMUGINIO ANSIOSO E RIMUGINIO DESIDERANTE

Una tipica modalità di rimuginare è il rimuginio ansioso, cioè una strategia di regolazione cognitiva che implica una continua costruzione mentale di scenari ipotetici negativi in condizioni di incertezza. È un processo transdiagnostico comune a tutti i disturbi d’ansia e centrale nel disturbo d’ansia generalizzato. È uno stile di pensiero negativo, ripetitivo, orientato al futuro, astratto, prevalentemente verbale e molto costoso in termini di risorse cognitive. Ha conseguenze negative per la salute, tende a manifestare attivi stati d’ansia nel tempo e causa problemi di tensione muscolare, insonnia, irritabilità, mal di testa e nausea. Il rimuginio ostacola la capacità di concentrazione e di svolgere altri compiti cognitivi in parallelo.

Il rimuginio desiderante è invece una strategia cognitiva consapevole e volontaria che coinvolge l’elaborazione di informazioni relative a un oggetto o attività piacevoli in una forma che può essere sia immaginativa che verbale. È una strategia di regolazione dell’esperienza del desiderio particolarmente associata all’esperienza di craving, uno dei sintomi centrali nei disturbi da uso di sostanze e nelle dipendenze comportamentali. Il rimuginio desiderante ha una serie di conseguenze negative: amplifica il desiderio e il senso di deprivazione, spinge ad agire in favore di gratificazioni immediate, aumenta la convinzione di pensieri permissivi, riduce l’autocontrollo e altera i processi decisionali.

LA RUMINAZIONE

Anche la ruminazione è uno stile di pensiero ripetitivo, negativo, con caratteristiche astratte e analitiche focalizzato su di sé e sui propri disagi. È uno sforzo cognitivo di analisi delle possibili cause e conseguenze di un problema o di un disagio.  Questi pensieri non aiutano nel problem solving, al contrario ottengono un effetto di paralisi e impotenza di fronte alla sofferenza emotiva (“Perché non riesco ad uscirne?”; “Che cosa non va in me?”). I contenuti sono generalmente rivolti al passato, ad esempio perdite o fallimenti personali, momenti di forte stress ed altri vissuti negativi.

La ruminazione è particolarmente associata allo sviluppo di vissuti depressivi, ma questa non è l’unica sfera della psicopatologia che coinvolge la ruminazione. Questa ha infatti un ruolo nell’insorgenza dei sintomi post-traumatici o nel Disturbo d’Ansia Sociale come fenomeno di analisi dell’esperienza sociale dopo che si è conclusa, nei Disturbi da Uso di Sostanze e di Alcol correlato al craving e del rischio di ricaduta ed infine anche nei Disturbi di Personalità del cluster drammatico.

La ruminazione, in presenza di sintomi di sofferenza psicologica, ne intensifica e ne prolunga la durata e le probabilità di cronicità. 

RUMINAZIONE RABBIOSA E RUMINAZIONE DEPRESSIVA

Una modalità tipica di ruminare è la ruminazione depressiva, uno stile di pensiero analitico, ripetitivo, negativo, focalizzato sul proprio disagio e sui propri problemi. La ruminazione depressiva rappresenta un tentativo di analizzare e comprendere le cause e le conseguenze del proprio disagio, uno sforzo di rispondere alla domanda “Perché?”. È una strategia di regolazione cognitiva transdiagnostica, presente in molti disturbi psicologici, principalmente nella depressione in cui rappresenta un sintomo residuale che favorisce la ricorrenza e la durata di episodi di umore disforico. Tra le conseguenze negative che comporta ci sono il perdurare dell’umore depresso, l’evitamento, la riduzione della capacità di risolvere problemi, la produzione di costanti autosvalutazioni globali negative, la riduzione della motivazione al cambiamento, il peggioramento delle prestazioni cognitive, il danneggiamento delle relazioni interpersonali. 

La ruminazione rabbiosa è invece una strategia di riflessione analitica su eventi che inducono rabbia come il caso di ingiustizie subite oppure osservate, offese o provocazioni. In psicopatologia è stata principalmente correlata al disturbo borderline di personalità, anche se potrebbe avere essere rilevante in tutti i disturbi psicologici connessi con il controllo degli impulsi. La ruminazione rabbiosa ha una serie di conseguenze negative: intensifica e prolunga sentimenti di rabbia anche per molti anni, mantiene ricordi dolorosi vividi e correlati a un’intensa attivazione emotiva, danneggia le capacità di autocontrollo e favorisce comportamenti aggressivi e impulsivi, ha un impatto negativo sulla salute, danneggia le relazioni interpersonali aumentando il rischio di conflitti.

BIBLIOGRAFIA

G. Caselli, G. M. Ruggiero, S. Sassaroli (2017). Rimuginio. Teoria e terapia del pensiero ripetitivo.  Raffello Cortina Editore

A. Wells (2018). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. Erickson

A. Wells (1999). Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia. McGraw Hill

Articolo di approfondimento psicologico scritto dalla dott.ssa Pamela Ciociola psicologa presso la sede di Legnano del Centro di Psicologia Interapia

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