Il Complesso di Inferiorità

Per “complesso di inferiorità” si indica una condizione, più o meno consapevole, caratterizzata da mancanza di autostima e convinzione di essere meno importanti degli altri e non all’altezza in una o più circostanze (quali ad esempio il campo professionale, sociale, fisico o sportivo).

Si manifesta attraverso sensazioni quali insicurezza, inadeguatezza e scarsa opinione di sé. In genere, si sviluppa durante l’infanzia e scaturisce da esperienze gravi e/o invalidanti o da un ambiente familiare con tendenze criticanti. Il senso d’inferiorità non ha una connotazione unicamente negativa, infatti ogni individuo parte da un’inferiorità di base che lo spinge da una condizione di minus (inferiorità) a una di plus (superiorità).

Questo tentativo dell’essere umano di vincere la sua inferiorità potrebbe essere anche alla base dei progressi umani.

Secondo il famoso psicanalista Alfred Adler ne esistono di due forme:

  1. Il complesso primario, che nasce nell’infanzia a partire da sentimenti di inadeguatezza e impotenza e che si rafforza con l’educazione o il rapporto con i fratelli;
  2. Il complesso di inferiorità secondario, che invece emerge durante l’età adulta ed è caratterizzato, oltre che da sentimenti di inadeguatezza, anche da pensieri irrazionali e ingestiti circa se stessi e il mondo.

Secondo Adler, il complesso d’inferiorità è la credenza di essere incapaci di risolvere i problemi della vita e tale convinzione diventa talmente radicata da impedire di risolvere le proprie difficoltà, generando circoli viziosi che si autoalimentano.

Il complesso di superiorità, invece, è la copertura del complesso di inferiorità e si concretizza come credenza di avere capacità e qualità superiori alla media, con pretese e aspettative esagerate sia verso se stesso sia verso gli altri, non sentendosi mai soddisfatti dei risultati ottenuti.

Adler distingueva quindi tra senso di inferiorità e complesso di inferiorità intesi, il primo, come spinta propulsiva, come miccia per il superamento dei propri limiti, il secondo, come macigno che blocca la persona impedendole di progredire e migliorare.

Il problema emerge quando il senso d’inferiorità genera una costruzione distorta della realtà: se la persona si blocca sul versante d’inferiorità emerge l’angoscia di base e la convinzione di non essere abbastanza; d’altra parte se la persona si sbilancia sul versante della superiorità potrebbe svilupparsi un Io ipertrofico.

Come riconoscere il complesso di inferiorità

Come riconoscere il vero complesso di inferiorità e distinguerlo da una fase passeggera?

Sicuramente è importante che certi comportamenti siano persistenti nel tempo e coinvolgano più aspetti della propria vita. Le basi su cui si instaura il complesso di inferiorità sono la presenza di pensieri negativi e di emozioni negative e la scarsa considerazione di sé.

Tra gli indicatori, inoltre, possiamo annoverare alcune caratteristiche tra cui: incapacità di perdonare gli errori altrui, ma soprattutto i propri; invidia nei confronti degli altri e difficoltà a costruire relazioni in cui non ci siano chiari riferimenti su chi sia più bravo o meno bravo; incapacità a gestire le proprie reazioni emotive e tendenza a prendere ogni commento sul personale in modo negativo; tendenza al perfezionismo, ma contestuale tendenza a nascondersi per non essere giudicati; giudizio del proprio e altrui comportamento: minimizzazione dei propri successi e qualità. 

Concretamente, chi soffre del complesso di inferiorità prova costantemente invidia nei confronti degli altri. Tutte le altre persone sembrano essere sempre più preparate, più intelligenti e più meritevoli di avere successo, gli altri sono sempre i migliori. Alla base c’è di fatto una forte sopravvalutazione degli altri e una sottovalutazione di se stessi.

Non sono poi in grado di perdonarsi o perdonare gli altri, poiché sono persone che giudicano di continuo tutto e tutti e lo fanno aspramente. Tendono al perfezionismo, esagerando. Chi si sente inferiore infatti cerca di far bene tutto pur di non sperimentare sensi di colpa e rimorsi del non essere abbastanza bravo e capace. Infine hanno una forte mancanza di fiducia verso se stessi e cercano sempre l’approvazione degli altri.

La terapia del complesso di inferiorità

Per reagire al complesso di inferiorità in modo produttivo, un primo passo è quello di identificare e valutare/disputare i propri pensieri da un punto di vista razionale:
quali sono i fattori che confermano la presenza del difetto e delle sue conseguenze?
Quando invece gli episodi in cui la convinzione di essere inferiore si è dimostrata sbagliata?
È fondamentale cercare di essere il più specifici possibile e pensare a eventi concreti e non a ragionamenti generalisti.

È importante cercare di vedere gli aspetti positivi anche nei propri difetti, distinguendo ciò che non può essere cambiato da quello che si può migliorare, anche se con fatica. Partire dalle attività/situazioni che sono più in linea con le proprie inclinazioni sicuramente aiuta in questa direzione. 

La psicoterapia rappresenta la cura principale, da personalizzare anche in base ad eventuali altri disturbi in co-morbilità (come la depressione).

In questo modo si aiuta il soggetto a sforzarsi di valutare i propri pensieri da un punto di vista razionale, ad esempio facendo una lista dei propri pregi/difetti ed esaminando quanto siano reali, ingigantiti o solo immaginati.

La cosa importante è essere il più specifici possibile, così come è altrettanto utile fare un elenco dei propri successi soppesandoli in modo oggettivo. Il passo successivo sarà ovviamente quello di coltivare la propria autostima, ad esempio:

  • Analizzando i propri errori per imparare a perdonarli;
  • Dando il giusto peso ai propri errori ed alle proprie mancanze;
  • Dando il giusto peso ai propri successi e qualità;
  • Non invidiando gli altri;
  • Non vedendo gli altri come presone necessariamente superiori;
  • Valorizzandosi esteticamente (con trattamenti di bellezza, con diete, con indumenti adeguati alla propria linea…);
  • Evitando di prendere ogni commento, azione o situazione sul personale;
  • Cercando di vedere gli aspetti positivi dei propri difetti;
  • Distinguendo ciò che non può essere cambiato da quello che si può migliorare.

Il percorso intrapreso con lo psicoterapeuta guiderà poi il paziente a fare un’analisi delle proprie esperienze passate e lo aiuterà ad elaborare le situazioni che lo hanno portato ad avere una visione sbagliata di negativa di sé.

Durante le sedute si avrà modo di identificare e disputare i propri pensieri automatici negativi e si troveranno le soluzioni per ricostruire la percezione del proprio essere. Il percorso aiuta a recuperare l’autostima e a riprendere coscienza delle proprie capacità e potenzialità. Questo è un valido aiuto per promuovere una visione più realistica di sé. 

Bisogna poi contestualizzare in modo più funzionale il sentirsi inferiori agli altri o non adeguati, piuttosto volendosi un po’ più bene ed essendo più disponibili ad accettare i propri limiti e le proprie peculiarità.

Accettare i propri limiti non significa restare immobili, ma essere consapevoli di ciò che si è per limare gli spigoli o le barriere che possono rendere più complesso l’attingere alle proprie potenzialità.

Bibliografia Essenziale

Adler A. (1978), Il temperamento nervoso. Casa Editrice Astrolabio, Roma.

Adler, A. (2012). La scienza del vivere. Edizioni universitarie romane, Roma.

Ansbacher H.L., Ansbacher R.R. (1997), La psicologia individuale di Alfred Adler, Casa editrice Psycho G. Martinelli & C., Firenze.

Orgler H. (1970), Alfred Adler e la sua opera, Casa Editrice Astrolabio, Roma.

Articolo scritto dalla dot..sa Pamela Ciociola psicologa e psicoterapeuta presso la sede di Legnano

Articolo a Cura della dott.ssa Pamela Ciociola psicologa presso la sede di Legnano

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