Si sa, con l’utilizzo sempre più massiccio di internet non solo è cambiato il modo di lavorare, di informarsi, di comunicare, ma è cambiato anche il modo di entrare in relazione, anche quando si parla di sesso.
A questo riguardo ci sono due nuovi fenomeni emergenti e sempre più diffusi che meritano attenzione: il cybersex e il sexting.
Il cybersex
Col termine cybersex, ovvero sesso virtuale, si indica l’attività sessuale, a cui possono partecipare due o più persone, praticata attraverso l’uso di internet. Ci si riferisce quindi a tutte quelle attività attraverso le quali si ottiene eccitazione o gratificazione sessuale utilizzando il web.
Questo può accadere in diversi modi:
- si possono autofilmare delle prestazioni erotiche e poi diffonderle sul web,
- si possono praticare attività erotiche in diretta trasmettendole tramite webcam,
- è possibile scrivere o leggere storie a contenuto erotico,
- c’è il sesso vissuto in maniera esclusivamente virtuale in cui si è soliti praticare autoerotismo guardando filmati o immagini che riprendono scene di sesso
- e poi c’è il fenomeno della prostituzione on line.
La dipendenza da attività sessuali virtuali è definita cybersexual addiction e ha luogo quando la persona ricerca e utilizza il materiale erotico disponibile sul web in modo sempre più compulsivo, fino a considerare queste pratiche la principale e, talvolta unica, fonte di gratificazione sessuale. La conseguenza di tutto ciò è
- un sempre maggiore isolamento del soggetto,
- un graduale disinvestimento sul partner reale
- la presenza di sentimenti di colpa e vergogna sempre più pervasivi, che contribuiscono ulteriormente all’isolamento sociale della persona che entra così in un circolo vizioso.
Kimberly S. Young, docente di Psicologia presso l’Università di Pittsburgh e direttrice del Center for Online Addiction, definisce in questo modo il profilo del cybersexual addicted:
“Il soggetto si dedica in modo sempre più compulsivo all’uso di internet per trovare un partner o materiale erotico, fino a considerare l’eccitazione che ne deriva come forma primaria di gratificazione sessuale, e fino a ridurre l’investimento sul partner reale. Inoltre il disagio scaturito dalla dipendenza porta il soggetto a nascondere le proprie relazioni virtuali agli altri, provando sentimenti di colpa o vergogna.”
Secondo le più recenti indagini epidemiologiche, in Italia questa dipendenza riguarderebbe soprattutto i maschi eterosessuali dai 33 ai 55 anni, per il 60% sposati e per il 13% separati. I cybersexual addicted passano in genere dalle 11 alle 35 ore settimanali davanti al computer, spesso in orario lavorativo.
In Italia ci sono 35.000 siti pornografici e il 72% dei fruitori sono uomini ed il 28% donne.
Quando l’interazione con altri utenti (attraverso webcam, telefono o chat) è soggetta a pagamento si entra nel campo della prostituzione online. Nonostante la legge sia molto chiara nel definire tale pratica come un reato, in quanto anche il sesso virtuale a pagamento è sfruttamento della prostituzione e per esserci prostituzione non occorre un contatto fisico tra chi richiede e chi offre una prestazione sessuale a pagamento, e nonostante l’ampia diffusione del fenomeno, esso rimane spesso sconosciuto e impunito.
Il sexting
Il termine sexting è un neologismo inglese da tempo adottato anche nella lingua italiana, creato a partire dalla fusione delle parole sex (sesso) e texting (messaggiare), ed è utilizzato per riferirsi alla pratica di inviare testi, messaggi, video o immagini a contenuto sessuale esplicito, attraverso l’uso di dispositivi informatici. Funziona in questo modo: una persona scrive un messaggio oppure si fa un video o una foto mentre si spoglia, assume pose sensuali o pratica autoerotismo, e ne invia il contenuto ad altri tramite smartphone o computer.
Questa pratica è diffusa maggiormente tra i giovani, preadolescenti e adolescenti tra il 12 e il 17 anni, per varie ragioni:
- la conoscenza del sesso tramite web è immediata e di facile accesso,
- spesso è al di fuori del controllo degli adulti di riferimento,
- porta ad un soddisfacimento sessuale più rapido (spesso il cybersex si accompagna alla masturbazione, che può essere facilmente usata in sostituzione a relazioni sessuali reali),
- protegge dalle potenziali e più probabili delusioni che derivano dal mettersi in gioco in una relazione reale.
Anche il sexting porta con sé una serie di conseguenze negative a cui i fruitori sono esposti, come:
- perdere il controllo sul materiale inviato col rischio che venga diffuso in modo eccessivo e inaspettato,
- essere soggetti a umiliazioni e prese in giro da parte dei pari (si parla in questo caso di cyberbullismo), con conseguente isolamento sociale e vissuti di vergogna, senso di colpa, depressione e inadeguatezza,
- essere esposti al rischio di commettere o subire reati come tentativi di estorsione o diffusione di materiale pornografico minorile (reati per i quali anche i minorenni sono penalmente perseguibili).
Perché si preferiscono le relazioni virtuali a quelle reali?
È chiaro come la relazione virtuale abbia evidentemente caratteristiche differenti da quella reale, in quanto quest’ultima implica necessariamente un incontro, un confronto, maggiori aspettative, maggiore paura di deludere o di essere delusi, maggiore esposizione al giudizio dell’altro e un flusso di emozioni più coinvolgenti, a partire dallo stesso contatto tra corpi.
Nella relazione virtuale invece, grazie alla distanza e all’anonimato, è possibile esercitare maggiore controllo, maggiore libertà di scegliere o di andarsene, maggiore libertà di fare azioni (o prestazioni sessuali in questo caso) che non faremmo mai nella vita reale.
L’attenzione è convogliata più sul proprio piacere sessuale che sull’altro e su come si sta in relazione con lui e in qualche modo la pratica sessuale viene completamente scissa dalla persona che la esercita: la prestazione dell’altro serve a procurare eccitazione e piacere sessuale, a prescindere da chi la eroga, che avvenga in diretta o in differita.
Quali possono essere le fonti di aiuto?
In ottica di psicopatologia potremmo affermare che il problema consiste non tanto nell’abuso di cybersex ma in uno di queste varianti:
- nella paura dell’altro,
- nella paura di esporsi,
- nella paura di non essere accettati per quello che si è,
- nella paura del confronto e del giudizio,
- nella paura di rimanere soli,
- nella paura di non essere come gli altri si aspetterebbero da noi,
- nella paura di esprimere i propri desideri e i propri bisogni.
Di tutto ciò la cybersexual addiction altro non è che la conseguenza o un immediato tentativo di ovviare al problema principale.
In questo caso una psicoterapia potrebbe essere decisamente utile al fine di accrescere la propria autostima, la fiducia in se stessi e negli altri e nell’imparare ad apprezzare lo stare in relazione, tollerando anche i rischi che questo può comportare.
Anche una buona educazione all’uso della rete da parte dei genitori potrebbe aiutare i ragazzi a farne un uso più sano, attraverso alcuni accorgimenti:
- trascorrere sul web del tempo insieme ai propri figli,
- parlare esplicitamente dei rischi che si possono correre,
- non avere paura di porre dei limiti o delle regole chiare rispetto all’uso dello smartphone o del computer,
- mantenere uno spazio di dialogo sul tema dell’affettività, in cui i ragazzi possano sentirsi liberi di esplicitare dubbi e paure o di parlare delle proprie “delusioni relazionali”.
Articolo scritto dalla dr.ssa Annarita Scarola, Psicologa e Psicoterapeuta