La paura viene solitamente considerata un’emozione negativa, in quanto viene spesso vista come un ostacolo che ci impedisce di raggiungere un certo obiettivo prefissato.
Tuttavia è un’emozione innata, che possediamo fin dalla nascita, e non solo: la sperimentano anche tutti gli animali vertebrati. Quindi a qualcosa dovrà pur servire!
In termini evolutivi, le emozioni in generale servono a rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione cioè che non utilizzi processi cognitivi o di elaborazione cosciente.
Immaginiamo dunque, per assurdo, di trovarci di fronte ad una tigra affamata. Quello che accadrebbe è che vedremmo il nostro corpo agire in maniera del tutto automatica, senza lasciare spazio al pensiero o a vari processi di elaborazione mentale, che richiederebbero troppo tempo per quella circostanza! Nell’immediato si innescherebbe la cosiddetta “reazione fisiologica da stress”, costituita da una serie di caratteristici processi fisiologici: tachicardia e palpitazioni, aumento della pressione sanguigna, respiro corto e affannato, forte tensione muscolare, aumento della sudorazione, aumento della temperatura corporea, tremore agli arti inferiori… Proprio tutto ciò che occorre per poter fuggire alla velocità della luce. Una volta scampato il pericolo, potremo essere grati alla paura che ci ha permesso di rimanere in vita.
La cosa curiosa è che, chi ha mai provato un attacco di panico, potrà riconoscere di essersi sentito esattamente allo stesso modo. L’obiezione dunque nasce spontanea: “Sì, però non c’era nessuna tigre”.
Senza pensare troppo in grande, proviamo a mettere da parte la tigre. Questa stessa reazione fisiologica da stress la proviamo tutti quotidianamente, ogniqualvolta ci troviamo di fronte ad un evento percepito come stressante: ogni volta che riceviamo una cattiva notizia, ogni volta che litighiamo con qualcuno, ogni volta che siamo imbottigliati nel traffico, ogni volta che incombe una scadenza di pagamento, ogni volta che vediamo un ragno, ogni volta che dobbiamo prendere l’aereo o l’ascensore, ogni volta che dobbiamo parlare in pubblico.
Cosa accade nell’attacco di Panico
Nell’attacco di panico però c’è un passaggio in più: la reazione fisiologica da stress diventa talmente insopportabile che essa stessa ci spaventa; abbiamo paura della paura, paura non solo di qualunque situazione in cui potremmo stare così male, ma del nostro stesso stare male. La tigre dunque c’è, anche se non si vede, ed è la paura stessa.
La soluzione più immediata al problema sembra essere l’evitamento. Semplice: non prendo più l’aereo così non sto più male.
Ci sono però circostanze in questo non si può fare: per esempio se il nostro capo ci obbliga a fare un viaggio oltreoceano, pena il licenziamento; come anche non posso evitare di andare a scuola, di stare a casa da solo, di imbattermi prima o poi in qualche ragno. Anche perché non è sufficiente non trovarsi in quella circostanza per stare bene: chi ha avuto attacchi di panico sa bene che sta male solo al pensiero di fare qualcosa che lo spaventa!
Il disturbo da attacchi di panico è invalidante non solo perché ci limita parecchio nella vita di tutti i giorni, facendoci vivere continuamente in allerta, sempre in attesa dell’ennesimo attacco, ma anche perché è considerato, dal senso comune, come espressione di debolezza e fragilità.
Per interrompere il circolo vizioso della paura diventa quindi necessario capire come funzionano le nostre emozioni e il nostro corpo, conoscere le cause della paura, tollerare l’incertezza e l’imprevisto nella vita di tutti i giorni e acquisire fiducia nelle proprie capacità di saper gestire a affrontare ciò che ci fa soffrire.
Nella storia del pensiero umano, anche un personaggio illustre come il Buddha ha sperimentato la fatica di vivere con la paura anticipatoria, provando a vincerla osservandola e conoscendola a fondo “finché la paura o lo sgomento non erano vinti”, invece che evitando ciò che lo spaventava.
E mentre ero lì, si accostava un animale selvatico, o un pavone spezzava un ramo, o il vento stormiva tra le fronde. Pensavo: “E se mi assalissero paura e sgomento?”. Pensavo: ”Perché vivere anticipando sempre paura e sgomento? E se vincessi paura e sgomento restando nella medesima postura in cui sono quando mi assalgono?”
Buddha
Articolo scritto dalla dott.ssa Annarita Scarola Psicologa Psicoterapeuta
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