Inaccettabilità e senso di responsabilità.

Il DOC, disturbo ossessivo compulsivo, è un disturbo d’ansia che solitamente provoca un forte disagio alla persona che ne soffre ed è caratterizzato dalla presenza di ossessioni (pensieri intrusivi ricorrenti) e compulsioni (comportamenti ripetuti che servono per neutralizzare le ossessioni e ridurre l’ansia provata).

Differenti ossessioni danno vita a differenti tipologie di DOC (accumulo, simmetria, contaminazione, controllo, religioso…). Seppur diverse nel contenuto, l’origine e il loro mantenimento risultano sempre legati al tema dell’inaccettabilità.

Nella vita accade normalmente di avere occasionali pensieri negativi, bizzarri o spiacevoli: se il pensiero intrusivo viene   giudicato inaccettabile, vale a dire che entra in conflitto con il sistema di convinzioni e valori della persona, si innesca una reazione emotiva e rimuginativa su di essi che porta il soggetto a percepire una perdita di controllo.

La differenza di chi soffre di DOC disturbo ossessivo compulsivo e chi no

La differenza fra una persona con DOC e una che ne è priva sta soprattutto nel modo in cui la prima reagisce al pensiero intrusivo, ecco allora l’importanza di chiedersi: in questo pensiero cosa c’è di inaccettabile per me? La persona affetta da DOC prende subito sul serio quel pensiero, prova un elevato livello di ansia e cerca quindi un modo per tranquillizzarsi agendo compulsioni. Ciò, come abbiamo detto, avviene perché quel pensiero si riferisce a temi che sono particolarmente rilevanti per quell’individuo, ai quali è più sensibile e che sono per lui inaccettabili.

C’è chi teme di poter essere contaminato o chi è ossessionato dal timore di poter avere pensieri per lui disdicevoli o amorali: immagini erotiche non ortodosse omosessuali o blasfeme, il pensiero di poter fare del male a qualcuno, di poter tradire il partner o di essere tradito, di poter contrarre una particolare malattia…

Come reagisce un paziente con DOC disturbo ossessivo compulsivo

Tendenzialmente il paziente DOC reagisce a tali pensieri in due modi differenti, a volte agiti anche contemporaneamente, cercando di reprimerli o lasciandosi andare totalmente al rimuginio. Nel primo caso, è bene ricordarsi che più cerchiamo di non pensare a qualcosa e più continuiamo a pensarci! Ecco l’effetto paradossale della soppressione: desiderare di non pensare a qualcosa equivale a pensarci! Si ha così la sensazione di non riuscire più a controllare la propria testa provando livelli di ansia sempre più alti.

Nel secondo caso, ci si autoconvince invece che continuare a rimuginare su quel pensiero ci sarà utile per preparare un piano di azione per stare meglio o comunque per individuare strategie per fronteggiarlo. In realtà il rimuginio altro non fa che aumentare ansie e preoccupazioni e il nostro stato di allerta.

Pensieri negativi e rimuginio

Lavoro terapeutico per il DOC disturbo ossessivo compulsivo

Il lavoro terapeutico verterà quindi su una maggior comprensione di ciò che per il paziente è inaccettabile, sulle motivazioni, sulle origini di tali convinzioni e sulle paure nascoste. Lo scopo principale dell’intervento sarà quello di imparare a lasciar scorrere i pensieri senza valutarli come strani o intollerabili.  Ogni giorno abbiamo circa 6000 pensieri diversi ed essi non dipendono da noi, la maggior parte arriva senza che siamo noi a volerlo. Quanti di questi pensieri ci restano effettivamente appiccicati tanto da non riuscire a smettere di rimuginare? Solo quelli che per noi sono inaccettabili! Gli altri li lasciamo venire e andare dalla nostra testa senza quasi prestarci attenzione.

Esercizi utili

Ecco allora che può essere utile fare un esercizio. Dire ad alta voce una lista di parole – che si riferiscano ad oggetti – e prestare attenzione a cosa ci viene in mente. Es. “Palla, fiore, tv, divano, macchina…”: magari ci sarà venuta in mente una palla bianca e rossa che eravamo soliti utilizzare a pallavolo, oppure una palla da calcio oppure ancora una palla gonfiabile con cui giocavamo in spiaggia da bambini…Un fiore rosso, una margherita oppure un campo di papaveri…La tv della nonna o l’ultimo modello che stiamo valutando di acquistare…. L’obiettivo di questo esercizio è quello di fare esperienza diretta del fatto che non siamo noi a scegliere cosa pensare, i pensieri arrivano da soli, ma siamo noi ad attribuirgli importanza.

Il senso di responsabilità

E qua arriva il secondo tema che si trova alla base del disturbo ossessivo- compulsivo: il senso di responsabilità! Ovvero l’eccessiva preoccupazione di essere responsabili non solo per quello che si fa ma anche per quello che si pensa o che non si fa per evitare qualcosa di brutto. Tipica dei pazienti DOC è, infatti, la fusione con la realtà: la credenza che basti pensare ad un evento per aumentare la probabilità che ciò si realizzi (es se penso che mio marito potrebbe morire allora è probabile che succeda) e la convinzione che avere un pensiero automaticamente mi porterà a fare quella cosa (es.  pensare che potrei far del male a mio figlio: ciò rappresenta un impulso che mi spingerà a farlo davvero).

Chi ha queste convinzioni ben radicate impegna costantemente le proprie energie a prevenire ed evitare qualsiasi evento negativo gli sia passato per la testa (e che lui considera inaccettabile!). Ad esempio, si assicurerà che la sua famiglia sia al sicuro prima di andare a letto ricontrollando più e più volte di aver spento il gas, chiuso la porta, le finestre, le tapparelle…e questo rituale potrebbe richiedere anche delle ore! L’eccessivo senso di responsabilità nasce dall’idea distorta che tutto possa essere controllato e prevenuto riconoscendosi così un potere illimitato di manovra sulla realtà!

Esempio pratico per riflettere

Un uomo continuava a camminare per il giardino della sua casa battendo le mani; così, ad un vicino che lo interrogava sul motivo di tale comportamento, rispose: “Ma naturalmente per tenere lontani da casa mia gli elefanti volanti!”. Quando il vicino ribatté che non c’era alcun elefante volante, l’uomo replicò sorridendo: “Lo so, vedi com’è efficace battere le mani!”.

E tu cosa risponderesti all’uomo che batte le mani? Come diresti per indurlo a smettere di farlo?

Ecco un esempio pratico per riflettere sull’impossibilità di controllare tutto e soprattutto sulla necessità di accettare che pericoli minimi sono intrinsechi nell’esistenza.

Serena Baj Psicoterapeuta Saronno

Articolo scritto dalla dott.ssa Serena Baj Psicologa e Psicoterapeuta a Saronno

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Bibliografia

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