Quante volte come genitori ci accorgiamo di essere ricaduti in un comportamento che volevamo evitare? Quante volte abbiamo disatteso la promessa che ci eravamo fatti di non ripetere gli stessi errori dei nostri genitori?
Ebbene è un’esperienza universale nella quale come genitori ed esseri umani ci possiamo imbattere.
Nei casi più fortunati, ce ne accorgiamo piuttosto rapidamente, talvolta nel momento stesso in cui stiamo agendo in un modo che sappiamo essere poco adeguato o poco efficace. Eppure quel modo di reagire pare essere così istintivo e forte che ci fa credere di non averne il controllo.
Questo accade quando la relazione con i nostri figli ci mette in gioco intensamente in qualche aspetto di noi che non è a tutti gli effetti conosciuto, elaborato. Molto spesso questo aspetto più o meno noto di noi stessi si ricollega alla nostra stessa storia di relazioni familiari, alla storia di quel bambino che siamo stati in relazione con quei genitori che abbiamo avuto. Da quella nostra storia come bambini, chiamati a crescere e a diventare adulti nel mondo, sviluppiamo una serie di strategie di adattamento e di difesa che, se da un lato ci fanno sentire protetti e al sicuro, dall’altro tendono a chiuderci e ad isolarci in noi stessi, divenendo meno aperti e meno sensibili alle esperienze di chi ci sta attorno, persino nei confronti di chi amiamo di più.
Entrare in sintonia
Per meglio chiarire il punto della questione, ora immaginate un bambino che corre tutto contento dalla mamma per mostrarle un barattolo pieno di maggiolini colorati trovati in giardino: ‘Mamma, guarda, non sono bellissimi?’. La mamma, che vede come unica cosa la casa invasa da insetti, risponde con tono deciso ‘Porta subito via questi orribili animali!’. In questa situazione le emozioni positive di gioia ed eccitazione che il bambino sta vivendo vengono ignorate e non condivise; come conseguenza tenderà ad essere confuso, faticando a comprendere come un’esperienza, che lo ha fatto sentire bene e felice, si leghi alle risposte della mamma che gli fanno pensare di essersi comportato male.
Una risposta della mamma più partecipativa verso le emozioni del figlio avrebbe aiutato il bambino a dare valore alla sua esperienza, sentendo che le sue idee ed emozioni sono importanti. Ciò non significa che come genitori dobbiamo assecondare ogni richiesta dei nostri bambini (né tanto meno far sì che le nostre case siano piene di insetti!) ma è importante entrare in sintonia con quello che sentono, prima ancora di cercare di modificare i loro comportamenti. Anzi, sintonizzarsi rappresenterebbe un primo passaggio obbligato anche per impartire efficacemente il rispetto di regole e in generale la disciplina.
Un esempio di risposta che va nella direzione di creare sintonia potrebbe essere: ‘Oh, fammi vedere! Ma che belle bestiole colorate! Grazie per avermele fatte vedere. Dove le hai trovate? Forse però i maggiolini sarebbero più contenti di stare fuori, non credi?’. In tal caso il dare valore all’esperienza del bambino gli fa sentire che ciò prova è importante, sviluppa un senso di sé più saldo e profondo e contribuisce a rafforzare il rapporto fra madre e figlio.
Una particolare forma di comunicazione
Per potersi sintonizzare con l’esperienza interna dei nostri figli è necessario creare le condizioni per un tipo di comunicazione emozionale, molto diversa dalla comunicazione razionale a cui siamo abituati come adulti. Una forma di comunicazione profondamente integrativa nel senso che mette insieme, unisce, le diverse menti, quella del genitore e del bambino, dando origine alla meravigliosa e gratificante esperienza del ‘sentirsi sentito’ dall’altro, come se ci accorgessimo di star ballando la stessa musica!
Richiede però la messa in gioco di molteplici abilità, attitudini (di cui di sotto è presentata una sintesi):
- consapevolezza, ovvero la capacità di prestare attenzione all’intera gamma di segnali non verbali, corporei di sé e dell’altro.
- sintonia, permettere ai propri stati della mente di adeguarsi a quelli degli altri;
- empatia, mettersi nei panni di qualcun altro, alle sue esperienze, punti di vista;
- unione, coltivare un’attitudine di disponibilità allo scambio di comunicazioni verbali e non verbali;
- chiarificazione, aiutare a dare un senso alle esperienze dell’altro;
- individualità, rispettare la dignità e la separatezza di ogni singola mente.
Spezzare la ripetizione…La mente riflessiva
In definitiva è necessaria una certa dose di sforzo e di energia mentale per spezzare i soliti cicli tanto ripetitivi quanto insoddisfacenti; quando ci sentiamo stressati o ci ritroviamo in situazioni che evocano reazioni legate a questioni irrisolte, possiamo essere travolti da emozioni intense, quali paura, rabbia o collera, tristezza, che ci portano a reagire in maniera automatica. Ci impediscono di pensare in modo diverso, più lucido e distinto, falliamo nel fornire risposte più razionali ed equilibrate e perdiamo diverse occasioni di reale connessione con i nostri figli.
Noi tutti vogliamo essere i migliori genitori possibili per i nostri figli e possiamo avvicinarci nella realizzazione di questo valore così importante prendendoci cura di noi medesimi e del nostro passato.
Per farla breve, è come se fosse necessario guardare con lo specchietto retrovisore ciò che è accaduto per prevenire il replicarsi di incidenti analoghi mentre guardiamo davanti a noi. Anche se le esperienze che abbiamo vissuto nei nostri primi anni di vita non ci hanno dato l’infanzia che avremmo voluto e che vorremmo per i nostri figli, non siamo per forza costretti a ripetere il passato.
Per liberarsi di questi pesanti fardelli fondamentale è lo sviluppo della capacità riflessiva sulla propria storia di vita. Ciò non significa cancellare e/o dimenticare brutti episodi (anche quelli ci hanno reso la persona che siamo oggi), bensì di cambiare il modo di rapportarci ad essi, con una presa di distanza che ci consente di poterne parlare apertamente e liberamente, traendo anche da queste esperienze più negative un qualche significato ed insegnamento da rilanciare nella relazione con i nostri figli.
Il lavoro sulla storia di vita
Molti autori, nella letteratura di settore, sottolineano come il modo in cui siamo arrivati a spiegare le nostre esperienze nei primi anni di vita, e quindi il modo in cui raccontiamo una storia della nostra infanzia predice la qualità del legame di attaccamento con i nostri bambini . Più nello specifico, più la narrazione della propria storia è coerente, maggiore è il movimento verso un attaccamento sicuro del bambino.
Diversi studi indicano anche come individui con un attaccamento insicuro nell’infanzia possono passare ad un attaccamento adulto sicuro; si tratta di un attaccamento sicuro ‘acquisito’ grazie ad un lavoro interiore di comprensione e conoscenza di sé che è possibile intraprendere in una relazione terapeutica. Curando vecchie ferite e trasformando i propri approcci difensivi nelle relazioni intime con gli altri, si può contribuire a rendere più sicuro il proprio funzionamento. In pratica, il modo migliore per prenderci cura dei nostri bambini è conoscersi!
Solo se riusciamo a comprendere il senso delle nostre prime esperienze come bambini allora saremo in grado di guardare con più chiarezza a ciò che accade nei momenti di stress e di imparare a rispondere con molta più libertà, scegliendo con consapevolezza il tipo di interazione che vogliamo veramente avere coi nostri figli momento per momento.
BIBLIOGRAFIA
‘Errori da non ripetere. Come la conoscenza della propria storia aiuta a essere genitori’, Daniel J.Siegel, Mary Hartzell, Nuova edizione, 2019, Raffaello Cortina Editore.
Main, M., Hesse, E., Goldwin, R., ‘Studiare le differenze nello stile del linguaggio nel racconto della storia di attaccamento. Un’introduzione all’AAI. In Steele, H., Steele, M., (a cura di), Adult Attachment Interview. Tr.it. Raffaello Cortina, Milano, 2010.