Disturbo oppositivo provocatorio (DOP)
Il DOP è annoverato tra i disturbi definiti “esternalizzanti”, ossia disturbi che presentano dei comportamenti caratterizzati da distruttività, iperattività e aggressività rivolte verso l’esterno; hanno un esordio che va dall’età prescolare fino all’adolescenza. Si tratta di disturbi poiché implicano una disregolazione emotiva e del comportamento clinicamente significativa.
Nello specifico, nel DSM-5 il DOP rientra tra i “Disturbi Dirompenti, del Controllo degli Impulsi e della Condotta”. Esso è caratterizzato da:
- un umore arrabbiato/irritabile;
- un comportamento ostile/polemico/provocatorio;
- vendicatività (almeno 2 volte negli ultimi 6 mesi).
Per i primi due aspetti elencati vi sono delle specifiche da considerare a livello clinico, quali la quantità, la frequenza e la durata dei sintomi.
L’anomalia nel comportamento impatta in maniera evidente nei contesti entro cui il bambino è inserito (famiglia, scuola, contesti sociali): emergono infatti stress e fatica nell’individuo stesso così come nelle persone con cui è in relazione.
Si tratta di bambini e bambine che generalmente vengono descritti come particolarmente:
- dispettosi,
- vendicativi,
- sfidanti,
- offensivi
tendono ad attribuire ad altre persone la colpa di propri errori e manifestano apertamente la propria ostilità.
Cosa Fare
Una delle fatiche più grandi per i genitori è stabilire e mantenere regole chiare.
Si tratta di bambini e di bambine che infatti presentano spesso delle esplosioni di rabbia che coinvolgono chi sta loro attorno e ciò porta a temere ulteriori danni o problemi, al punto che l’adulto di riferimento protende per accontentarli piuttosto che fare leva sulle regole concordate. Come mai questa rabbia?
Perché si tratta di persone che vivono le emozioni in maniera molto intensa: ad esempio, se il fratellino o la sorellina si rifiutano di prestare loro un giocattolo, la rabbia (o la tristezza) sperimentata da questi bambini li porta a non gestire più la situazione e a manifestare agiti e condotte estremi. In questo caso è molto importante che i genitori sappiano:
- riconoscere, nominare e validare l’emozione: la rabbia è l’emozione dell’ingiustizia percepita e ha perfettamente senso che il bambino la stia provando (seguendo l’esempio: non è giusto che non mi presti il giocattolo). Spiegargli che è proprio rabbia ciò che sta provando lo aiuterà a sentirsi capito e a trovare un significato alle sensazioni intense che avverte.
- aspettare prima di intervenire: rimproverare il bambino o parlargli di quanto sta succedendo non aiuta, se fatto nell’immediato. Infatti, essendo il bambino in preda all’emozione, qualsiasi affermazione non verrà colta. Occorre pertanto validare la sua emozione (mai il comportamento!) e riparlare dell’avvenimento con calma, quando sarà pienamente pronto ad ascoltarci.
Nel momento in cui il bambino o la bambina siano particolarmente ostili o sfidanti, è bene per i genitori ricordarsi che fa così per colmare la propria bassa autostima: prevaricare l’adulto o i propri fratelli/sorelle/compagni è l’unico modo che conoscono per sentirsi “importanti”.
Un intervento significativo da parte dei genitori in questo caso è ignorare le sfide, facendo talvolta addirittura l’azione opposta rispetto a quella che il bambino si aspetta: essere gentili, mantenere un tono di voce calmo e accogliente, tenere un volume moderato.
È utile anche spostare la sua attenzione su altre attività, naturalmente senza passare inavvertitamente l’idea che quello che sta dicendo non sia degno di nota, poiché acuirebbe la sua rabbia e la sua condotta disfunzionale.
Un’altra strategia fondamentale è il rinforzo positivo: quotidianamente, con pazienza e autenticità, rinforziamo esplicitamente le condotte funzionali, rimarcando le volte in cui manifesta comportamenti adeguati ai contesti e alle relazioni.
Cosa non Fare
Non dobbiamo mai validare il comportamento!
Occorre sempre validare l’emozione. Le emozioni infatti sono sempre giuste, anche quelle più spiacevoli, come la rabbia o la tristezza.
Allo stesso modo, non commentiamo l’intensità della sua emozione né rimproveriamo al bambino/alla bambina di essere poco competente nell’autocontrollo: la sua difficoltà è proprio questa!
Come anticipato, altra cosa da non fare è punire o sgridare o alzare la voce durante le crisi: il bambino non avrà la prontezza per comprenderci e la nostra rabbia aumenterà la sua, in un circolo vizioso che genera distacco emotivo tra genitore e figlio, a lungo andare.
Ancora, è importante non raccogliere la sfida: si tratta di un bambino in difficoltà, anche se a volte le sue condotte mettono a dura prova; imporci come superiori a lui non aiuta né noi né lui/lei. Accettare la sfida implica che noi stessi/e in quel momento non stiamo riuscendo a modulare la nostra stessa rabbia!
Un ultimo suggerimento è quello di non lasciarlo solo! Per quanto per l’adulto implichi fatica e frustrazione, si tratta di un bambino in grosse difficoltà.
Promuoviamo il rapporto con fratelli, sorelle e amici, cercando di trovare attività che lo aiutino a sentirsi capace di stare con le altre persone.
Qualora non si senta di voler partecipare, non forziamolo, ma non lasciamolo solo: si tratta infatti di bambini che devono propriamente apprendere cosa significa stare con le altre persone e che devono trovarsi nelle condizioni di poter sperimentare le relazioni come fonte di benessere, non solo di svantaggi e frustrazioni. Il nostro aiuto è fondamentale per l’acquisizione di competenze emotive e relazionali di base: gli saranno di aiuto anche quando sarà più grande!
Bibliografia
American Psychiatric Association (2013), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, DSM-5, ed. it., a cura di Massimo Biondi, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
Muratori P. & Lambruschi F. (2020), I disturbi del comportamento in età evolutiva. Erickson.
Articolo a cura di: Dott.ssa Silvia Bosio