Il sonno non è soltanto un momento di riposo, ma rappresenta una fase attiva e fondamentale per il corretto funzionamento dell’organismo. Tra i suoi principali benefici troviamo il rafforzamento del sistema immunitario, la regolazione ormonale, la gestione della temperatura corporea e il supporto a importanti processi di crescita e sviluppo.
Uno dei lamenti più comuni della vita moderna è proprio la mancanza di sonno, spesso dovuta a una realtà socioeconomica che costringe l’essere umano a vivere in continuo movimento, bilanciando orari di lavoro, tempo libero, incontri con amici, responsabilità familiari e il fitto programma di attività dei propri figli. In alcuni casi, però, la mancanza di sonno non è solo una conseguenza, ma diventa un fenomeno persistente che destabilizza la vita dell’individuo e può portare alla disforia psicologica. Il disturbo di insonnia è classificato come uno dei disturbi del sonno-veglia nel DSM-5 ed è, insieme ai disturbi legati all’ansia, è uno dei disturbi neuropsichiatrici più diffusi (Wittchen et al., 2011).
Sintomi principali dell’insonnia
La caratteristica principale dell’insonnia è la percezione di insoddisfazione riguardo alla qualità e alla durata del sonno, indipendentemente dalle condizioni ambientali. I criteri diagnostici includono (5ª ed.; DSM-5; American Psychiatric Association, 2013).
- difficoltà nell’iniziare il sonno
- difficoltà a mantenere il sonno con risvegli frequenti e involontari durante la notte
- l’incapacità di recuperare il sonno perso
Inoltre, molte persone con insonnia soffrono di sonno non ristoratore, una condizione in cui, nonostante un numero sufficiente di ore di sonno, ci si sveglia senza sentirsi riposati ed energici (Wilkinson & Shapiro, 2013). La presenza di questo sintomo dimostra che l’insonnia non equivale necessariamente a una privazione del sonno, ma spesso è legata a una qualità compromessa.
Conseguenze diurne del disturbo
Oltre alle difficoltà notturne, un’altra manifestazione critica del disturbo è il deterioramento mentale e fisico che compromette il benessere e le funzionalità diurne dell’individuo. Le disfunzioni diurne connesse all’insonnia comprendono deficit cognitivi e problematiche nella sfera sociale, tra cui difficoltà di attenzione, concentrazione e memoria, ridotta capacità di problem-solving, calo delle prestazioni accademiche, riduzione della produttività lavorativa, stanchezza cronica, impulsività e comportamenti iperattivi, disfunzioni interpersonali presenti sia nel ciclo sociale che familiare.
Quando l’insonnia si cronicizza
L’insonnia può essere classificata in insonnia acuta e insonnia cronica, distinte principalmente per la durata e la continuità dei sintomi. L’insonnia acuta è temporanea e spesso legata a eventi stressanti specifici, mentre l’insonnia cronica è riconosciuta come la conseguenza di un’insonnia acuta non trattata o trascurata.
Secondo il manuale diagnostico dell’American Academy of Sleep Medicine (2007), il passaggio dall’insonnia acuta a quella cronica avviene nel momento in cui la persona smette di attribuire i propri sintomi a un fattore scatenante come un evento stressante e inizia a percepire l’insonnia come un problema autonomo, indipendente da cause esterne. Come risultato, l’insonnia cronica tende a persistere anche una volta risolta la situazione stressante.
Meccanismi principali del disturbo di insonnia
Il modello di Spielman, noto anche come modello 3P, descrive come l’interazione tra tre fattori principali possa contribuire all’insorgenza di sintomi di insonnia acuta e, se non trattati, alla loro progressione verso forme croniche (Spielman et al., 1987).
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Fattori predisponenti:
Questi fattori creano le condizioni di base che rendono un individuo vulnerabile allo sviluppo dell’insonnia e che influenzano la gravità. I fattori predisponenti possono variare nel corso della vita, il che significa che anche la loro influenza è intermittente.
Si suddividono in:
- Caratteristiche biologiche: elevato metabolismo
- Psicologiche: alti livelli di stress
- Sociali: disturbi ambientali come rumori inconsiderati.
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Fattori precipitanti:
I fattori precipitanti sono eventi che innescando le difficoltà di sonno, favoriscono l’insorgenza dell’insonnia. - Eventi maggiori: Circostanze stressanti di forte impatto emotivo come un trauma improvviso, la perdita di una persona cara o una minaccia percepita.
- Eventi minori: Pressioni quotidiane come discussioni, conflitti lavorativi o scolastici possono aumentare la latenza del sonno e consolidare la difficoltà a dormire, specialmente se persistono nel tempo.
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Fattori perpetuanti:
I fattori perpetuanti, cioè i fattori che cronicizzano e mantengono il disturbo sono rappresentati dalle strategie di coping adottate dai pazienti per cercare di gestire l’insonnia, ma che, anziché risolverla, finiscono per mantenerla.
Questi comportamenti includono (Bastien, Vallieres & Morin, 2004; Healey et al., 1981):
- Eccessivo tempo trascorso a letto nella convinzione che possa favorire il sonno
- L’abitudine di andare a dormire a orari irregolari
- Attività fisica intensa prima di dormire
- Uso di dispositivi elettronici prima di dormire
- Il restare a letto per ore nonostante le difficoltà a dormire, il sonno frammentato
- Il fare pisolini durante il giorno
- L’uso di caffeina, alcol o ipnotici vicino al momento di coricarsi
- Pensieri negativi ripetitivi (ruminazione e rimuginio)
Quando la mente non si spegne: Le preoccupazioni serali come fattori perpetuanti
La persistenza del disturbo è spesso dovuta alla continua preoccupazione per il sonno anche dopo che il fattore stressante è svanito. La costante preoccupazione rispetto il sonno può indurre un cambiamento nell’atteggiamento dell’individuo verso il dormire, contribuendo allo sviluppo di convinzioni disadattive che consolidano dei comportamenti che mantengono l’insonnia. Infatti, Il modello dell’iperattivazione di insonnia mette in evidenza il ruolo della ruminazione e del rimuginio, che possono scatenare una risposta di iperattivazione a livello somatico, emotivo e corticale nell’individuo (Riemann et al., 2012).
Questo concetto viene collegato al modello neuro-cognitivo dell’insonnia, dove l’insonnia è vista come un aumento dell’elaborazione sensoriale, che rende il paziente particolarmente suscettibile a stimoli interni ed esterni: pensieri intrusivi, rumori, luce, dolore o altre forme di disagio fisico. Questa elaborazione avanzata delle informazioni non solo spinge il cervello a discriminare e iper-analizzare gli stimoli ma attiva anche la memoria a breve termine durante il sonno, portando il paziente a percepire erroneamente di essere stato sveglio più a lungo di quanto sia realmente accaduto.
Conclusione
Le difficoltà legate al sonno sono purtroppo un’esperienza comune a tutte le età. In questo articolo si sottolinea come tali difficoltà possano derivare da vari fattori, e quanto sia importante riconoscere che più si alimentano le proprie preoccupazioni e si rimugina su come risolvere il problema del sonno, più è probabile adottare comportamenti che contribuiscono a mantenere i sintomi. Nel caso dell’insonnia, il primo passo è comprendere il suo funzionamento per poi individuare le strategie e i trattamenti più adatti per ogni individuo. Quello di cui il nostro corpo ha davvero bisogno è essere ascoltato e compreso, poiché solo un approccio paziente e consapevole può favorire il ritorno a un riposo ristoratore che migliora la nostra qualità di vita.
Articolo scritto dalla dott.ssa Chiara Galbiati Pedagogista a Monza.
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