Chi è il pedagogista? Qual è il suo ruolo all’interno del panorama educativo? Quali le sue specificità?
Per rispondere alla prima domanda affermo con semplicità che “No, il pedagogista non è il professionista che lavora con i bambini (o meglio non solo)”, sebbene l’etimologia rimandi al concetto di guida, conduzione del fanciullo.
Se la pedagogia si occupa dell’educazione e della formazione dell’uomo in tutte le fasi della sua vita, il pedagogista si impegna a studiare ed indagare gli eventi educativi così come transitano nei loro contesti.
Può svolgere il ruolo di:
- supervisore del lavoro di un’équipe educativa;
- coordinatore di un servizio per l’infanzia, la disabilità o l’età adulta;
- consulente per i genitori e la famiglia.
In questa sede sarà presentata la figura del consulente pedagogico nella sua pratica con e per le famiglie. Tendenzialmente il suo intervento viene richiesto dalla coppia genitoriale sia in fase di separazione perché necessita di una “guida” per coordinare la gestione dei figli in questa nuova fase, sia quando una madre e un padre si ritrovano arenati in una situazione problematica che riguarda il ruolo genitoriale e/o i figli o le figlie.
Le difficoltà possono riguardare:
– la sfera emotiva e/o comportamentale dei bambini o delle bambine (ad esempio difficoltà ad integrarsi all’interno dei gruppi o del contesto scolastico, difficoltà nello svolgimento dei compiti, una fatica nella regolazione emotiva della rabbia e dell’aggressività);
– l’ambito genitoriale qualora un padre e una madre sentano il bisogno di prendersi uno spazio per riflettere sul proprio ruolo, sulle scelte da intraprendere di fronte ad un cambiamento (ad esempio come progettare al meglio un trasferimento scolastico, come preparare o gestire l’arrivo di un fratellino o una sorellina); sulla gestione dei figli quando diventata eccessivamente confusiva e impegnativa (come affrontare i litigi, i ricatti, le scelte punitive, etc.).
La sua specificità sta proprio nel trattamento delle tematiche educative e dei processi formativi al fine di promuove e sostenere le competenze dei clienti (in questo caso i figli e genitori). Il suo sguardo è rivolto con particolare attenzione alle “questioni” trasformative delle persone, il loro modo di abitare e sostare nei contesti educativi e non. Un interesse per ciò che riguarda la struttura famigliare, i processi in atto, l’insieme delle credenze e dei miti che muovono le famiglie.
Il pedagogista attraverso un atteggiamento dubitativo e interrogante stimola il confronto fra il sistema famiglia e la concretezza dei suoi contesti di vita, mette in discussione tesi e posizioni di ciascun membro e opera su quegli aspetti che non vengono fatti oggetto di riflessione, di critica, di dialogo, di confronto e negoziazione, in quanto dati per ovvi, scontati, sottintesi, tacitamente accettati da tutti.
La consulenza pedagogica-educativa, dunque trova la sua specificità nella cooperazione con la coppia genitoriale e i figli, per accompagnarli in una fase di disorientamento verso l’avvio di un processo di analisi critica e di approfondimento del problema da diverse prospettive. Non si tratta semplicemente di descrivere nei dettagli il problema e di articolare per passaggi logici la soluzione, quanto di co-costruire un significato più ampio della situazione problematica. Nelle famiglie non c’è un figlio o una figlia che portano e manifestano un problema, ma un sistema famiglia che dà un particolare significato a quell’esperienza e che a quell’evento reagisce e risponde in un determinato modo. È necessaria quindi una diagnosi dinamica che parte dal problema in sé e giunge a ipotesi risolutive attraverso una lettura complessa della situazione presa in esame.
Ad esempio, se un/a bambino/a si rifiuta di svolgere i compiti a casa o pretende di completarli solo con l’aiuto di uno dei due genitori, esclusa una difficoltà oggettiva dell’infante, perché questo/a svolga in autonomia lo studio affidandosi alle proprie risorse, sarà necessario indagare la relazione e le dinamiche in atto tra lui o lei e i genitori, così come chiedersi quale sia il bisogno percepito dal/la figlio/a.
In queste situazioni non sono quasi mai efficaci i ricatti né tanto meno procrastinare nel tempo questa richiesta senza mettere in atto un cambiamento che soddisfi l’intero nucleo.
Sin dai primi incontri, il professionista condivide con i due genitori (ma anche i figli quando è possibile) obiettivi, metodi, risultati attesi e una specifica sul ruolo esercitato, fine ultimo del percorso è quello di accompagnare la coppia genitoriale alla (ri)scoperta delle proprie potenzialità nella gestione dei figli perché anche per gli adulti il processo educativo è continuo e permanente. Dunque, pensare e prevedere strategie più efficaci e creare le condizioni perché queste si realizzino.
QUANDO UNA COPPIA SI SEPARA
Nei casi di separazione, il pedagogista aiuta la coppia ad arginare il conflitto (laddove è presente), riflettere sul nuovo assetto famigliare ed individuare i diversi bisogni dei membri del nucleo.
Concretamente significa decidere insieme come comunicare ai figli le scelte prese, gestire le visite garantendo continuità e stabilità, riflettere sulle necessità emerse dai figli, offrire uno spazio di ascolto e confronto verso una genitorialità collaborativa. Dunque, posizionare verso l’esterno sentimenti di odio e vecchi rancori (appartenenti a dinamiche di coppia non al ruolo genitoriale) permette di focalizzarsi sulla messa a sistema del complesso di soluzioni ideate all’interno del setting consulenziale.
Nei casi di separazione conflittuale, in termini ancora più pratici, il professionista opera in quegli aspetti del progetto famigliare che necessitano di riflessione, di analisi, di dialogo e contrattazione, in quanto il meccanismo comportamentale distruttivo innescato dai numerosi conflitti limita il confronto e la collaborazione. Incapsulare il conflitto significa innanzi tutto catalizzarlo, contenerlo in una struttura definita, chiara, trasparente, gestita e monitorata da un terzo con poteri definiti rispetto alle parti.
La possibilità di riflettere sulle scelte istituisce un setting-laboratorio per manipolare a distanza di tempo e spazio l’evento educativo, decostruendolo, ricostruendolo, attribuendo significati nuovi anche al ruolo genitoriale investito di altre aspettative e consapevolezze.
“La necessità educativa è perciò quella di preparare i suoi interlocutori ad affrontare il cambiamento assumendo come codice regolativo quello della -creatività razionale-, progettante, attenta al presente e aperta al futuro, che fa esercizio costante di critica riflessiva ed autoriflessiva.”
LA CONSULENZA PEDAGOGICA: UN PROCESSO DIALOGICO
Il processo consulenziale porta i genitori a considerarsi l’uno risorsa dell’altro, lavora sulle dimensioni dell’autonomia e della responsabilità di ciascun genitore e dei due come coppia genitoriale (anche se separata): l’autonomia si sviluppa nella relazione con l’altro laddove vengono riconosciute progressivamente potenzialità, risorse e limiti di ciascuno.
Così si inserisce l’intervento educativo, che sostiene e sviluppa la capacità di comprendere la reciproca interdipendenza che connette la coppia. Pertanto, la consulenza di ordine educativo può diventare una risorsa preziosa per la rielaborazione del ruolo genitoriale: il “dover essere” della responsabilità educativa non si declina in una serie di comportamenti predeterminati o nel “kit del buon genitore”, ma nella volontà di riappropriarsi del ruolo genitoriale in grado di rispondere di sé e dei propri comportamenti in modo più sintonico, benefico per l’intero assetto familiare.
“Se i clienti non imparano a riconoscere da soli i problemi e a trovare autonomamente delle soluzioni, sarà meno facile che riescano ad applicare le misure consigliate o che imparino a risolvere gli stessi problemi se dovessero ripresentarsi”.
La consulenza pedagogica esclude interventi come risposta immediata ai bisogni o aiuto ad acquisire abilità o conoscenze (anche se questo è ciò che solitamente i genitori auspicano perché immediato e più semplice ma non efficace), in quanto il consulente si offre come “catalizzatore” delle energie trasformative del soggetto. Questa riflessione è strettamente connessa alla concezione dei clienti come portatori di risorse che possono e devono essere ri-attivate per attraversare e gestire le difficoltà. La cifra educativa starebbe poi anche nell’empowerment che promuove nei soggetti nuovi livelli di consapevolezza critica (processi decisionali e gestione delle risorse) e spazi di progettualità in questo caso genitoriale. Nella consulenza pedagogica rivolta alle famiglie, queste sono chiamate a trasformare e riorganizzare le rappresentazioni relative a ciascun membro e al concetto stesso di famiglia con lo scopo di creare un livello di analisi, riflessione e consapevolezza per guardare al futuro del progetto educativo dei figli con occhi diversi e rinnovati.
La conoscenza deve pertanto diventare strumento di autoriflessività sul proprio modo di conoscere il mondo e sul modo di conoscere il proprio conoscere.
Lo sguardo pedagogico del consulente sta nella sua capacità di mettere al centro oggetti, contesti e compiti educativi: l’attenzione del professionista che si sposta da un contesto all’altro evidenzia le relazioni e le connessioni interne. Dunque, il consulente crea uno spazio di rielaborazione dei significati talvolta proponendo letture alternative, talaltra svelando una strada potenziale.
La relazione tra consulente e cliente è una dimensione costitutivamente dialogica in cui il cliente è coinvolto attivamente nel processo di ristrutturazione delle sue categorie di pensiero come dei suoi modelli di intervento. Non esiste una risoluzione univoca ai problemi riportati, ma il personalissimo modo di ciascuna famiglia di significare l’esperienza e affrontare la fatica.
Il pedagogista dunque diventa una risorsa per affrontare con maggiore consapevolezza i piccoli e grandi dilemmi educativi che appartengono al ruolo genitoriale.
BIBLIOGRAFIA
- Demozzi S., “La struttura che connette. Gregory Bateson in educazione”, Edizioni ETS, Firenze, 2011;
- Negri S., “La consulenza pedagogica”, Carrocci editore, Roma, 2014.
Articolo Scritto dalla dott.ssa Cristina Veronese