Vi è mai capitato che vi accadesse proprio quella cosa che in assoluto speravate non si verificasse? Ebbene questo può in parte dipendere da eventi esterni, ma in parte potremmo dire in gergo che “ve la siete tirata”.
Non si tratta di sfiga, ma della profezia che si autoavvera.
Il concetto di profezia che si autoavvera nasce negli anni ‘70 ed è uno dei fenomeni più studiati in ambito della psicologia sociale.
Fu introdotto dal sociologo Merton e lo usò per dimostrare quanto i nostri pensieri e le nostre convinzioni influiscano sulla costruzione della realtà.
La “profezia” riguarda una convinzione, un pensiero, una credenza, su se stessi o sugli altri, ritenuta vera o molto probabile, che frequentemente e in diverse circostanze si manifesta nella realtà. Il fatto che ciò che abbiamo pensato si trasformi in un fatto realmente accaduto, tende a confermare che la credenza sia corretta, senza renderci conto che ha avuto una notevole influenza nel generarlo.
Non si tratta quindi di una magia, ma potremmo dire che in qualche modo si mettono in atto una serie di azioni che, paradossalmente, portano al verificarsi proprio di quella cosa che tanto temevamo. Vediamo come.
Effetti della profezia che si autoavvera
Se per esempio abbiamo un colloquio di lavoro e siamo convinti che andrà male, questo susciterà in noi una notevole quantità di ansia che inevitabilmente, nonostante la nostra impeccabile preparazione e competenza, condizionerà in modo negativo la nostra prestazione provocandoci vuoti di memoria, scarsa lucidità mentale, scarsa scioltezza nell’eloquio o minore prontezza nel rispondere alle domande.
Il risultato è che il colloquio di lavoro alla fine andrà male per davvero.
Questo vale anche a livello relazionale ed è indicativo di come i pregiudizi abbiano un ruolo cruciale nel determinare il comportamento delle persone: se per esempio un’insegnate è convinta, dal primo giorno di scuola e senza conoscerlo bene, che un alunno sia poco intelligente o poco diligente, potrebbe comportarsi in modo poco accogliente o irritato nei suoi confronti; questo porterà quell’alunno a sentirsi a disagio nella relazione, cosa che andrebbe inevitabilmente ad influire sulle proprie prestazioni scolastiche e, di conseguenza, a confermare l’idea iniziale dell’insegnante.
D’altra parte gli studi dimostrano come gli insegnanti tendono al contrario ad essere più gentili e a seguire con maggiore sollecitudine gli alunni che danno loro una prima impressione positiva, determinando realmente un migliore rendimento scolastico, permettendo loro di sviluppare di conseguenza maggiore fiducia in se stessi. Questo è stato dimostrato nel 1974 grazie ad una ricerca condotta da Rosenthal, che ha altresì definito la profezia che si autoavvera come “effetto Pigmalione”.
Nelle Metamorfosi di Ovidio infatti viene raccontato il mito di Pigmalione, un abile scultore che aveva creato una statua femminile nuda e d’avorio, di cui si era perdutamente innamorato considerandola il proprio ideale femminile, tanto da dormirle accanto nella speranza che un giorno si animasse.
Effetti della profezia che si autoavverano nella Società
Per questa ragione, in occasione delle feste rituali in onore di Afrodite, Pigmalione si recò al tempio della dea chiedendole di trasformare la statua in una donna in carne ed ossa e la dea realizzò quanto Pigmalione le aveva chiesto.
La profezia che si autoavvera può avere degli effetti rilevanti anche su fenomeni che agiscono a livello collettivo: per esempio in ambito del mercato finanziario, di fronte ad una convinzione diffusa dell’imminente crollo di un’azienda, gli investitori possono perdere fiducia e mettere in atto una serie di reazioni che possono causare proprio il crollo della stessa.
Oppure in una campagna elettorale, un candidato che dichiari apertamente di non credere nella sua vittoria può indurre apatia o rassegnazione nei suoi potenziali elettori, che si concretizzano in una effettiva diminuzione della sua base elettorale.
Ma lo stesso processo potrebbe anche avere, come è successo proprio nel mito di Pigmalione, una valenza positiva: se ad esempio una persona ha un’autostima sufficientemente alta da pensare di poter avere successo in un determinato ambito lavorativo, sarà portata a mettere in atto una serie di comportamenti che la porteranno effettivamente a raggiungere i risultati desiderati.
Dunque le profezie autoavverantesi incidono significativamente sulla visione che gli individui hanno di se stessi, degli altri e del mondo, e portano alla creazione di schemi di comportamento rigidi che tendono a ripetersi nel tempo, confermando la propria visione delle cose.
Questo vuol dire che una persona, convinta o timorosa del verificarsi di eventi futuri, altera il proprio comportamento in modo tale da finire proprio per causare tali eventi, desiderati o temuti che siano.
Il ruolo della cbt cognitive behavioral therapy
E’ importante sottolineare che il meccanismo della profezia che si autoavvera in sé non è patologico, in quanto è qualcosa che caratterizza ognuno di noi e può essere interessante provare a far caso a quante volte lo mettiamo in atto nella nostra vita quotidiana, generalmente senza particolari conseguenze.
Talvolta però può diventare fonte di frustrazione e sofferenza se causa difficoltà nel raggiungimento dei propri obiettivi, della propria realizzazione personale o nella creazione di buone relazioni.
In questo caso la psicoterapia cognitivo comportamentale può essere decisamente di supporto, in quanto ha come obiettivo proprio quello di aiutare sia a riconoscere le varie “profezie” (e quindi gli schemi di pensiero rigidi e le credenze disfunzionali) sia i comportamenti conseguenti che si mettono in atto e che spesso permettono alle profezie di avverarsi. Sarà così possibile rompere il circolo vizioso, modificando le credenze disadattive e imparando a formulare nuove convinzioni e schemi di pensiero più razionali e flessibili.
La persona potrà così raggiungere un maggiore benessere ed una maggiore soddisfazione relazionale.
Breve Bibliografia
Merton, R. (1971). La profezia che si autoavvera in Teoria e Struttura Sociale, II, Bologna, Il Mulino.
Rosenthal R., Jacobson L. (1992), Pygmalion in the classroom, Irvington.
Articolo scritto dalla dr.ssa Annarita Scarola, Psicologa e Psicoterapeuta riceve a Saronno e Milano presso i Centri Interapia