L’emergenza e il disagio emotivo
Si sta parlando molto dell’impatto psicologico dell’attuale pandemia sulle persone, così come delle risonanze emotive dell’emergenza prolungata, della quarantena e dell’isolamento.
Eventi improvvisi, imprevedibili, di fronte ai quali le nostre risorse sembrano non essere sufficienti, costituiscono importanti fonti di stress in grado di generare o slatentizzare disagio psicologico e problematiche emotive. In altre parole, eventi stressanti (come l’emergenza attuale) ci mettono in contatto con le nostre parti più fragili, vulnerabili, sperimentiamo emozioni disturbanti e può succedere che problematiche già presenti si manifestino o si acuiscano.
Emozioni, come “funzioniamo”?
Le emozioni sono un po’ come il tempo atmosferico interno, sono reazioni automatiche a ciò che accade fuori o dentro di noi (eventi interni ed esterni) e la loro funzione è quella di orientare il nostro comportamento in vista degli scopi che vogliamo raggiungere. Dunque, le emozioni fanno parte del nostro modo di funzionare, di rapportarci a noi stessi, agli altri e al mondo. Esse sono strettamente connesse con la nostra attività mentale: pensieri, immagini mentali e modi di interpretare il mondo.
Quando siamo spaventati, ad esempio, tendiamo a ragionare e a dare senso a ciò che ci circonda attraverso il filtro della paura, “Potrei non aver lavato bene le mani e sono assolutamente certo di essermi grattato l’occhio, probabilmente mi sono infettato”, “Il mio/la mia partner sembra nervoso/a, avrò fatto qualcosa di sbagliato, se la prenderà con me!!”…funziona un po’ come con i filtri che applichiamo alle foto e che “sfalsano” luci e sfumature dell’immagine. A sua volta, l’attività interna di pensiero aumenta l’emozione di paura, creando un circolo in grado di auto-alimentarsi.
Isolamento e quarantena: le sfumature emotive dell’emergenza
Si è parlato molto di ansia, paura, rabbia e di come in questo momento il nostro corpo e la nostra mente siano allertati per fronteggiare la minaccia. Tuttavia, come dimostrato dalle ricerche, sono molto diffuse anche la sensazione di impotenza e l’emozione di tristezza (Broooks et al., 2020).
Inoltre, l’isolamento prolungato e la conseguente mancanza di rapporti sociali, oltre a toglierci un mezzo privilegiato per ristabilire una sensazione di connessione e sicurezza (Porges, 2018), ci privano di molti stimoli e rinforzi positivi: le nostre possibilità di azione sono ridotte, le piacevoli occasioni di ritrovo non sono possibili, abbiamo dovuto rinunciare ad hobby e rivedere le abitudini lavorative… Tutto ciò contribuisce ad aumentare il senso di apatia e di mancanza di energie, può capitare che non si abbia voglia di fare le cose, che ci si senta profondamente annoiati, soli, rassegnati…quasi “spenti”!
La finestra di tolleranza delle emozioni: sentire troppo…o troppo poco!
Da quanto detto, appare evidente come in questo momento il disagio non derivi solo da un’attivazione emotiva e neurofisiologica massiva, definita iper-attivazione, ma possa essere connesso anche ad un’attivazione eccessivamente bassa, vicina allo spegnimento di mente e corpo, detta ipo-attivazione. Sentire troppo o troppo poco sono due forme diverse della difficoltà di regolazione emotiva.
Il nostro sistema nervoso autonomo è alla base di tutte le emozioni. Il nostro sistema nervoso è sia in grado di incrementare l’arousal (ovvero di attivazione) per difenderci, sistema nervoso simpatico, sia di garantirci la sopravvivenza attivando una sorta di modalità di risparmio “energetico” che determina un abbassamento dell’arousal, sistema nervoso parasimpatico (che comprende il nervo vago dorsale).
Anche in condizioni normali, il nostro livello di attivazione oscilla nell’arco della giornata, aumentando o diminuendo: quando facciamo attività fisica, ad esempio, l’arousal è elevato, ci sentiamo più energici, così come quando abbiamo una riunione importante a lavoro o un esame da sostenere; dopo pranzo probabilmente il nostro livello di attivazione è più basso, ci sentiamo più assonnati. Per funzionare bene, ovvero affrontare in modo funzionale le sfide quotidiane, è importante che queste oscillazioni rimangano all’interno della nostra “finestra di tolleranza” (vedi immagine 1), definibile anche come zona di attivazione ottimale (Boon, Steele & Van Der Hart, 2013).
Quando ci troviamo all’interno della nostra tolleranza siamo in grado di sentire le nostre emozioni senza sentirci né sovrastati né profondamente anestetizzati, vuoti, disconnessi dal vissuto emotivo e corporeo. Dunque, se ci muoviamo nella nostra zona di arousal ottimale possiamo tollerare le emozioni, ci sentiamo partecipi e coinvolti in ciò che accade conservando, al contempo, un senso di efficacia e padronanza.
Più è ampia la finestra di tolleranza, più siamo in grado di connetterci con il nostro vissuto emotivo senza venirne sopraffatti (iper-arousal) né scivolare nell’intorpidimento emotivo (ipo-arousal).
Iper-attivazione, sentire troppo
Quando il nostro livello di attivazione si alza troppo possiamo trovarci in una situazione di iper-arousal. La sensazione è quella di venir invasi, inondati dalle sensazioni. Come sottolineano Van der Hart e colleghi (2011), c’è una differenza tra emozioni intense ed emozioni soverchianti: si può provare un’emozione intensa pur rimanendo orientati al presente e sfruttando le informazioni che il sentimento ci fornisce per comportarci in modo efficace (provo forte rabbia perché vengo accusato/a ingiustamente per un errore a lavoro, uso questa rabbia per difendere i miei diritti e il mio punto di vista in modo adeguato).
Quando usciamo dalla nostra finestra di tolleranza, siamo sopraffatti dalle emozioni, la nostra corteccia pre-frontale si spegne, reagiamo in modo automatico, secondo vecchi script, senza pianificare e valutare gli elementi in gioco e i possibili risvolti del nostro comportamento (riprendendo il caso precedente: al posto di spiegare la mia posizione in modo determinato ma pacato, urlo e inveisco). Quando siamo iper-attivati sembra impossibile ritrovare lucidità, riacquistare un senso di sicurezza e di calma, ciò non fa altro che aumentare la veemenza delle emozioni.
Ipo-attivazione, sentire troppo poco
In alcuni casi, invece, possiamo sentirci quasi intorpiditi a livello emotivo. è come se corpo e mente si spegnessero, se fossimo sconnessi da ciò che succede, privi di energie e della voglia di fare, parliamo allora di ipo-attivazione. Ciò significa che siamo scivolati verso il basso della nostra finestra di tolleranza. Spesso, questa situazione si verifica proprio in risposta all’iper-attivazione: quando l’arousal è troppo elevato e prolungato ci si spegne ed ecco che si sente troppo poco (Boon et al., 2013).
Ma…questa finestra di tolleranza da dove viene?
La finestra di tolleranza è in parte definita dalla nostra biologia, dal temperamento e dalla reattività agli stimoli, ma viene anche plasmata dalle nostre esperienze, a partire dalle prime relazioni di attaccamento. I bambini nascono con un sistema nervoso che non è in grado di regolare in autonomia le emozioni; è il genitore, o il caregiver, che ha il compito di riconoscerle, accoglierle e gestirle.
Quando la figura di riferimento vede il piccolo molto agitato accorre per calmarlo, consolarlo, abbassandone l’attivazione; viceversa, quando lo vedrà annoiato, “perso”, cercherà di stimolare la sua attenzione attirando la sua attenzione con smorfie e versetti, attraverso oggetti, giocattoli ecc. Ecco che il caregiver diventa l’allenatore della finestra di tolleranza del bambino (Fisher, 2019). Attraverso le prime interazioni impariamo quindi a riconoscere le nostre emozioni, a sintonizzarci su di esse e a regolarle. Una buona regolazione delle emozioni si ha quando la finestra di tolleranza è abbastanza ampia e flessibile.
C’è però un’informazione importante da tenere a mente: qualunque sia l’ampiezza della nostra finestra di tolleranza, essa può essere espansa! In terapia, spesso uno degli scopi fondamentali è proprio quello di ampliare la zona di attivazione ottimale della persona, così che possa permettersi di sperimentare l’intera gamma delle emozioni continuando a sentirsi coinvolta e padrona della propria esperienza.
Oltre alla terapia, ci sono però alcuni modi che è possibile sperimentare per entrare in contatto e gestire i propri vissuti emotivi in modo più funzionale.
Esplorare la propria zona di arousal ottimale
Il primo importante passo è conoscere ed esplorare la propria zona di attivazione ottimale, notando e osservando le oscillazioni del proprio livello di arousal. Per farlo è possibile aiutarsi con un grafico come quello della figura 2 qui sotto.
Nella figura 2, lo 0 corrisponde al livello massimo di ipo-arousal, ovvero del sentire troppo poco, mentre il 10 al livello massimo di iper-arousal. All’interno di questo grafico è possibile segnare come cambia la nostra attivazione nel corso del tempo. Potrebbe essere utile indicare cosa accade subito prima dei momenti in cui ci si sente molto agitati o, al contrario, assenti e anestetizzati: ho avuto un pensiero particolare? Mi è venuto in mente qualcosa? Ho sentito una notizia o è successo qualcosa?.
Probabilmente, così è più facile individuare la zona entro cui ci sentiamo più in grado di rimanere a contatto con le nostre emozioni, facendo loro spazio e tollerandole anche se spiacevoli. Una volta messa a fuoco la nostra finestra di tolleranza, proviamo a descrivere e memorizzare come ci sentiamo quando ci troviamo al suo interno: cosa avvertiamo nel corpo? Ci sono sensazioni particolari (espansione nel petto, arti più rilassati e morbidi…)? Il nostro respiro com’è? Cosa proviamo e come ci sentiamo (competenti, in grado di affrontare la situazione…)?
Possiamo, inoltre, cominciare a notare quali sono i segnali che compaiono per primi mentre scivoliamo verso l’iper- o l’ipo-attivazione (il respiro diviene più affannoso? Il cuore batte veloce? Sento la testa che si fa ovattata?…). Questi saranno i nostri campanelli di allarme, ci indicheranno che è il momento di tornare a radicarci nel presente per gestire l’impatto emotivo della situazione.
Il primo grande passo è proprio questo: cominciare a prendere dimestichezza con la nostra zona di attivazione ottimale, divenire consapevoli delle sensazioni e del vissuto che accompagnano questa esperienza, così come di quei cambiamenti che ci segnalano uno scivolamento verso un’attivazione non tollerabile o lo spegnimento.
Cominciamo proprio ad allenarci alla consapevolezza delle nostre oscillazioni, delle emozioni che, pur essendo intense, riusciamo a tollerare e di quelle che invece ci portano più facilmente verso una disregolazione. Notiamo quali eventi, interno o esterni, ci mettono più in difficoltà, causando cambiamenti importanti nel nostro arousal.
Nel prossimo articolo, dopo aver conosciuto meglio il nostro sistema nervoso e le nostre reazioni, vedremo quali strategie possiamo utilizzare per cominciare ad allenare un pochino la nostra finestra di tolleranza.
Intanto, vi invito a cimentarvi e sperimentarvi (se non lo avete già fatto!) con la mindfulness e le tecniche di rilassamento (training autogeno), attraverso il Podcast del Centro InTerapia…sono importanti risorse che ci torneranno utili (piccolo spoiler!).
Puntate specifiche del Podcast di inTerapia
- https://www.spreaker.com/episode/24743451
- https://www.spreaker.com/episode/24622568
- https://www.spreaker.com/episode/24506357
BIBLIOGRAFIA
Boon, S,; Steele, K.; Van Der Hart, O. (2013). La dissociazione traumatica comprenderla e affrontarla. Milano: Mimesis Edizioni
Brooks, S.; Smith, L.; Webster, R.; Woodland, L. (2020). The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. The Lancet, 395, 30460-30468
Fisher, J. – Worskshop 2019: Attaccamento traumatico e coregolazione: la neurobiologia della relazion. ISC Roma
Van Der Hart, O.; Nijenhuis, E.R.S.; Steele, K. (2011). Fantasmi del sè: Trauma e trattamento della dissociazione strutturale. Milano: Raffaello Cortina Edizioni
Porges, S.W. (2018).La guida alla teoria polivagale. Il potere trasformativo della sensazione di sicurezza. Roma: Giovanni Fiorentini Editore
Articolo scritto dalla dott.ssa Verdiana Valagussa
Isolamento e quarantena: le sfumature emotive dell’emergenza Share on X