I genitori nei primi anni di vita dei propri figli si trovano ad impostare, condividere e mettere a punto uno stile educativo che guidi la loro crescita e il loro accudimento. Tale processo matura lentamente, inizia ben prima della nascita del bambino e subisce diverse influenze: l’impronta educativa che hanno ricevuto dalla generazione precedente, lo stile di attaccamento, il contesto socioculturale in cui la famiglia è immersa, il livello di istruzione, etc.

In questo immenso orizzonte che può essere disorientante, le teorie psicopedagogiche possono venire in soccorso e guidare i genitori a trovare uno stile educativo che più si adatta alle loro caratteristiche ed ai bisogni del figlio. In questo articolo si delineano gli aspetti di una di questi approcci; la psicopedagogia positiva, le cui basi poggiano sui fondamenti della psicologia positiva.

La psicologia positiva

La psicologia positiva viene messa a punto da Seligman. L’autore ha condotto degli studi sulla teoria dell’impotenza appresa (1975), secondo cui in una determinata situazione negativa o stressante un individuo che si sente helpless, cioè impotente, sente di non avere possibilità di modificarla. Avrà quindi un locus of control esterno, e non si impegnerà a mettere in atto nessun cambiamento che potrebbe potenzialmente cambiare l’evento che vive.

L’atteggiamento di arrendevolezza è, secondo Seligman, causato dal pensiero di helplessness, ossia dal sentirsi impotente, indifeso. Tale cognizione è spesso presente in persone che incorrono in stati depressivi, che, per ragioni cliniche, attribuiscono le cause dei propri fallimenti a sé stessi e sviluppano un pensiero su di sé, sull’altro e sul mondo di tipo pessimistico.

Da questa base teorica, l’autore ipotizza che i principi fondamentali della psicologia positiva, ovvero lo spostamento di focus sulle emozioni positive, la messa a punto di impegni finalizzati al raggiungimento di obiettivi positivi, lo sviluppo di relazioni sociali positive, possano mettere l’individuo in una condizione proattiva e favorente il cambiamento, e di conseguenza migliorarne le condizioni di salute mentale e fisica.

educazione positiva

Dagli adulti ai bambini

In ambito della psicologia dell’età evolutiva, la letteratura scientifica conferma l’importanza della costruzione di buone abilità emotive e sociali ai fini di uno sviluppo sano globale. In particolare, è ormai appurato che la presenza di un ambiente fisico, familiare, emotivo e sociale accogliente, che favorisca l’espressione e la regolazione di qualsiasi emozione e l’espressione degli affetti, rappresenta una condizione necessaria per lo sviluppo delle competenze cognitive e motorie del bambino (Bonell e al., 2013).

Dunque, l’apprendimento è possibile se e solo se questo avviene in un clima emotivo e relazionale sereno. Tale consapevolezza supporta lo sviluppo della psicopedagogia positiva, ossia l’applicazione della psicologia positiva nell’educazione, sin dai suoi primi stadi. Capita spesso, infatti, che asili nido o scuole dell’infanzia abbiano un modello pedagogico di riferimento principalmente orientato alla performance, e quindi allo sviluppo cognitivo, linguistico, motorio e sociale. Tale impostazione teorica rischia di causare l’impostazione di tecniche educative che non danno la giusta rilevanza agli aspetti socio emotivi e di benessere.

Linee guida della psicopedagogia positiva

La psicopedagogia positiva racchiude in sé le seguenti linee guida:

  • L’importanza dello sviluppo delle emozioni positive, che vanno vissute appieno ed espresse nel corso della propria giornata. È importante rimanere sintonizzati empaticamente con il bambino, favorendo anche la normalizzazione, l’espressione e il contenimento di quelle negative.
  • La promozione degli interessi personali, costruendo un contesto in cui il bambino può esplorare se stesso, l’ambiente fisico e le attività scoprendo le proprie inclinazioni. In tale situazione scoprire ciò che si ama fare, ed avere l’occasione di passare del tempo di qualità per farlo con passione, rappresenta un grande fattore protettivo:
  • lo sviluppo delle relazioni sociali, prima con i caregiver e, quando lo sviluppo del bambino lo consente, con i pari, al fine di gettare le basi di una rete sociale e affettiva fitta e appagante.
  • Lo sviluppo della capacità di porsi degli obiettivi: perseguirli, vivere l’esperienza di piccoli fallimenti, dell’accettazione dell’aiuto esterno e, infine, del loro raggiungimento e del consolidamento di nuove abilità, promuove lo sviluppo dell’autostima e protegge a lungo termine dal rischio di sviluppo di disturbi depressivi.
Sara-Angelicchio

Articolo scritto dalla dott.ssa Sara Angelicchio Psicologa e Psicoterapeuta a Saronno

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Bibliografia

Seligman, M. E. (1972). Learned helplessness. Annual review of medicine23(1), 407-412.

Bonell, C., Farah, J., Harden, A., Wells, H., Parry, W., Fletcher, A., … & Moore, L. (2013). Systematic review of the effects of schools and school environment interventions on health: evidence mapping and synthesis. Public Health Research1.

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