In terapia cognitivo comportamentale per “esposizione” si intende la scelta di affrontare una situazione temuta, ma prima evitata, perché fonte di ansia e disagio. Ad esempio, chi soffre di agorafobia evita luoghi affollati e da cui sarebbe difficile allontanarsi in caso di pericolo, come concerti, cinema, ristoranti.

Chi ha un disturbo ossessivo-compulsivo teme che una sua azione o omissione comporti un grave danno, (come avere dimenticato aperto il rubinetto del gas), per tranquillizzarsi ricorre a un controllo ritualistico.

Chi soffre di fobia sociale prova timore estremo del giudizio degli altri, evita allora di mettersi in situazioni potenzialmente imbarazzanti, limiterà gli scambi con le persone, è probabile che si auto-censuri perché timoroso di essere ritenuto poco intelligente o poco simpatico.

Alla Base dell’eivitamento

Alla base dell’evitamento c’è l’emozione di paura, ovvero evitamento di ciò che può rivelarsi avversivo: si tratta di un meccanismo evolutivamente selezionato nei millenni, a partire dalle specie animali più primitive, per massimizzare le possibilità di sopravvivenza. Si tratta quindi di un “salvavita”, che, però, a causa di apprendimenti avvenuti nel passato, in cui ci si è percepiti in grave pericolo e con poco potere di fare fronte alla difficoltà, può essere utilizzato a sproposito o in modo massivo, come se si rivivesse quella particolare situazione.

I comportamenti di evitamento possono riguardare non solo l’ambito dei disturbi in cui l’evitamento è un criterio diagnostico (fobie, disturbo ossessivo compulsivo, ansia di separazione, ecc…), ma si manifesta anche in situazioni in cui non c’è una franca psicopatologia, o in cui non sussiste un rischio immediato.

Esempi dell’evitamento

Ad esempio si può avere paura delle relazioni intime dopo una grande delusione amorosa, si può avere paura di avere successo nel lavoro o negli affetti quando non ci si ritiene abbastanza degni o meritevoli.

L’emozione di paura, ben identificabile nell’espressione del viso e nell’attivazione fisiologica quando il pericolo è imminente, in queste situazioni non è ravvisabile solo ad un livello superficiale, ma può manifestarsi in forma di cinismo o rassegnazione.

Quando l’evitamento, da comportamento adattivo, selezionato per non incorrere in un pericolo, diventa motivo di sofferenza?

Quando si riduce l’orizzonte esistenziale della persona, quando cioè non si colgono le occasioni per stare bene e avere una vita soddisfacente; quando la paura di un determinato scenario impedisce alla persona di sviluppare le proprie capacità, di diventare flessibile nelle difficoltà, di auto- determinarsi.

Esposizione

L’esposizione alle situazioni temute è una delle vie principali attraverso cui avviene e si manifesta il cambiamento, benchè vada preparata con attenzione, valutando se e come procedere per gradi, a seconda della situazione e della capacità della persona in quel preciso momento.

Le cautele sono doverose per impedire che il soggetto si senta sopraffatto dalle emozioni sgradevoli e rimanga eccessivamente turbato dall’esperienza: questo porterebbe a perdere fiducia in sé stessi e nella bontà della tecnica, corroborando l’idea di non essere all’altezza.

L’esposizione, in terapia cognitivo comportamentale, di solito segue una fase di valutazione e una fase di intervento più prettamente cognitivo, in cui si modificano i processi disfunzionali di pensiero, in cui cambia il dialogo interno, oltre che avere a disposizione strumenti per gestire le emozioni disturbanti.

In questo percorso si crea spazio a condotte diverse, fino a quel momento lontane dalle abitudini della persona: così il cambiamento diventa pensabile, progettabile. Rompere con i cliché consolidati comporta una sfida: l’accettazione del rischio, che è un punto cardine della terapia. Le paure infatti circoscrivono il raggio di questa libertà, mentre, attraverso l’esposizione, i confini si allargano.

Esposizione graduale

L’esposizione solitamente è graduale, e quindi segue una serie di passi concordati, ognuno di essi caratterizzati da un diverso grado di ansia.

Il paziente compone una lista di situazioni temute e attribuisce un punteggio a ciascuna, in base alla quantità di disagio che comporta.

Convenzionalmente la scala è decimale, il punteggio 1 rappresenta un’ansia appena accennata, e 10 il livello più alto di ansia/ disagio percepibile. Il criterio è assolutamente soggettivo, in base all’intensità dell’emozione provata dal soggetto, i numeri assegnati vengono infatti definiti “Subjective Unite of Disease” (SUD). 

L’esposizione graduale in terapia
L’esposizione graduale in terapia

E a livello biologico, cosa succede?

Fight or flight: L’attacco o fuga

Quando il cervello riceve un segnale di pericolo, attiva una risposta immediata, la risposta di attacco o fuga: questo comportamento è estremamente utile in quanto ci permette di reagire in maniera rapida ed energica ad un pericolo imminente. In questo processo gioca un ruolo fondamentale una piccola grande ghiandola… l’amigdala, una piccola porzione del cervello a forma di mandorla, che funziona rapidamente, senza la consapevolezza cosciente. 

Come funziona l’amigdala?

Morfologicamente simile a una mandorla l’amigdala confina con il margine infero-mediale, superiormente, il tratto ottico, lateralmente, e l’ippocampo, posteriormente.
L’amigdala ricopre diverse funzioni: 

  • contribuisce al sistema limbico; 
  • gioca un ruolo chiave nella formazione e nella memorizzazione dei ricordi associati a eventi emotivi; 
  • è responsabile del cosiddetto condizionamento della paura; 
  • partecipa all’elaborazione di stati emozionali come la paura, la rabbia, la felicità, la tristezza, l’aggressività ecc.; 
  • favorisce il ricordo di ciò che ha procurato dolore
  • è implicata nell’eccitazione e nei processi decisionali.

Obiettivo della terapia

L’obiettivo della terapia dell’esposizione graduale è proprio questo: insegnare nuovi condizionamenti all’amigdala.

Quello che si deve fare è organizzare in maniera sistematica degli esercizi che permettano di attivare l’amigdala esponendosi a ciò che si teme. Possono essere utilizzate varie tecniche per semplificare il compito, o più semplicemente aspettare che la paura si plachi da sola. 

La terapia dell’esposizione graduale può essere utilizzata efficacemente per tutti i disturbi d’ansia come per esempio:

Può essere effettuata in vivo (quindi durante la seduta), oppure in immaginazione.

La prescrizione è quella di immergersi nella situazione temuta, tollerando i pensieri e le emozioni disturbanti. La capacità di tollerare si espande progressivamente nel tempo e, anche grazie al processo di abituazione, il corpo e la mente si adattano gradualmente alla novità e il disagio piano piano si abbassa.

Durante l’ora di terapia si rifletterà su quanto accaduto e si programma il passo successivo; durante il colloquio sarà interessante fare il punto su quanto è stato appreso e comprendere quale nuova immagine di sé e del mondo è emersa.

Articolo scritto dalla dott.ssa Elisa Bezze psicologa nel centro di Saronno

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