La rabbia è un’emozione primaria, che solitamente compare in corrispondenza ad una minaccia reale o percepita, o alla percezione di star subendo un’ingiustizia. E’ un’emozione attivante, che ci prepara all’azione ed alla reazione a tale minaccia. Per questo ha manifestazioni fisiche peculiari: aumento del battito cardiaco, della pressione arteriosa, della temperatura corporea, contrazione muscolare. Queste modifiche corporee servono perché la rabbia indica al nostro organismo che c’è qualcosa o qualcuno che ci sta minacciando, ed è quindi opportuno essere pronti a reagire per proteggersi. Come tutte le emozioni, la rabbia ha una naturale tendenza a crescere, raggiungere un picco, diminuire e risolversi.
Questo è adattivo e funzionale: la rabbia e l’attivazione corporea che ne deriva servono per agire in risposta ad una situazione, ed hanno quindi bisogno di una durata limitata, circoscritta alla situazione che si sta vivendo. Ad esempio, se siamo in un ristorante affollato e dopo molto tempo nessun cameriere è arrivato a prendere l’ordinazione, è facile che si provi rabbia, che, se regolata, ci porta a mettere in atto comportamenti funzionali a difendere noi stessi ed i nostri diritti, come chiamare un cameriere e spiegargli in modo chiaro e gentile la situazione.
Tale rabbia può essere utile in quel preciso momento in cui siamo al ristorante, ed è utile che si esaurisca lì, mentre se proviamo ancora rabbia la sera mentre siamo a letto, o il giorno dopo, quella rabbia non può più aiutarci a gestire la situazione del ristorante. E allora perché spesso ci succede di infuriarci ripensando ad episodi passati in cui siamo stati arrabbiati?
Il modo in cui regoliamo la rabbia e la sua durata dipendono fortemente dai pensieri che ci passano per la testa. Uno stile di pensiero frequentemente legato alla rabbia è la ruminazione rabbiosa: è definita da Denson (2013) come un “pensiero perseverante rispetto a un evento significativo che induce rabbia al soggetto”.
Questo stile di pensiero deriva dall’azione di tre processi mentali (Sukhodolsky, Golub & Cromwell, 2001):
- la memoria di esperienze passate legate alla rabbia;
- attenzione focalizzata sulle espressioni della rabbia;
- pensiero controfattuale, cioè la tendenza a creare possibili alternative a eventi che si sono già verificati.
Ad esempio, in una situazione in cui un individuo viene ripreso ingiustamente dal suo responsabile al lavoro, successivamente possono passargli per la testa pensieri di questo tipo: “Non posso crederci! Che carogna! Sono così infuriato che vedo nero (attenzione focalizzata sulle espressioni di rabbia)! Sono tre mesi che riprende me per gli errori degli altri (memoria di eventi simili all’episodio), almeno stavolta avrei potuto rispondergli per le rime (pensiero controfattuale)”.
L’azione sincrona questi tre elementi fa sì che la rabbia che compare nell’evento presente venga alimentata nel tempo, impedendo la sua naturale durata e la sua tendenza a crescere, avere un picco, diminuire e risolversi. Rievocare episodi passati che ci hanno fatto provare rabbia possono scatenare nuovamente la comparsa di rabbia e l’attenzione sull’emozione stessa ne aumenta considerevolmente l’intensità e la durata; infatti se mentre si è arrabbiati ci si concentra su quanto si è arrabbiati, la rabbia sarà più intensa e più duratura. Inoltre, pensare a dei comportamenti alternativi che non si sono verificati può portare alla tendenza ad azioni vendicative.
Dunque se è spesso presente questi stile di pensiero, che amplifica l’intensità e la durata della rabbia, è più probabile che si vada incontro a conseguenze avverse: aumenta la probabilità di comparsa di reazioni aggressive e violente, di disregolazione emotiva e provoca una diminuzione significativa dello stato di benessere, con un impatto negativo importante sul funzionamento generale, sociale, scolastico o lavorativo.
COME INTERVENIRE?
La psicoterapia cognitivo comportamentale permette di conoscere meglio il proprio rapporto con l’emozione di rabbia, in termini di frequenza, intensità, incontrollabilità e conseguenze negative sulla propria vita; permette inoltre di connettere tali aspetti con i pensieri legati alle situazioni in cui proviamo rabbia, e di identificare se è presente uno stile di pensiero ricorsivo e disfunzionale come la ruminazione rabbiosa. Con la psicoterapia cognitivo comportamentale è possibile inoltre intervenire modificando tali pensieri è l’impatto di questi sul nostro funzionamento, e di scoprire strategie funzionali ad una gestione diversa della rabbia.
CENNI BIBLIOGRAFICI
Denson, T. F. (2013). The multiple systems model of angry rumination. Personality and Social Psychology Review, 17(2), 103-123.
Sukhodolsky, D. G., Golub, A., & Cromwell, E. N. (2001). Development and validation of the anger rumination scale. Personality and individual differences, 31(5), 689-700.
Articolo scritto dalla dott.ssa Sara Angelicchio psicologa e psicoterapeuta