Nel precedente articolo “Tu ed io, io e te. Reciprocità e sicurezza nel legame di coppia” abbiamo parlato di cosa si intenda con il termine sicurezza all’interno di un rapporto di attaccamento orizzontale, ovvero basato sulla reciprocità.
Abbiamo anche visto come il senso di sicurezza si crei a partire dalle primissime interazioni con gli altri.
Cosa significa questo?
Il legame di attaccamento con le nostre figure di accudimento assolve a due importanti funzioni:
- Fornirci protezione quando non possediamo l’età, le capacità e le risorse per provvedere a noi stessi in autonomia
- Darci supporto e conforto emotivo, quando il nostro sistema nervoso è ancora immaturo, dunque non idoneo a regolare l’attivazione fisiologica legata alle emozioni (tristezza, rabbia, paura, ma anche gioia)
Quando i bambini percepiscono che c’è qualcuno che li osserva in modo attento e amorevole (anche se a volte da lontano), pronto ad intervenire se si trovano in pericolo o non sanno come affrontare qualcosa, si sentono liberi di esplorare il mondo, di sperimentarsi e sperimentare. Non solo: interiorizzano anche la rappresentazione di un altro disponibile e responsivo.
Proprio sulla disponibilità e la responsività della figura di attaccamento poggia il senso di sicurezza: il bambino impara che può cimentarsi nelle cose, può esercitare la sua autonomia con la consapevolezza che, se ci sarà un problema, non sarà da solo.
È così che impariamo a chiedere aiuto in modo efficace, con la speranza e l’aspettativa che le figure a noi vicine saranno in grado di fornirci supporto, pur conservando la spinta all’autonomia e all’esplorazione. Questa sicurezza la conserviamo nelle nostre reti neurali, è impressa nel nostro sistema nervoso.
Se ci siamo sentiti visti, accolti, amati, se abbiamo potuto “rilassarci” all’interno dei primi scambi con l’altro, ecco che possiamo abbassare le difese, non sentiamo la necessità di mantenere uno stato di allerta elevato all’interno delle relazioni successive.
Il nostro nervo vago ventrale è attivo e ci sentiamo a nostro agio nel rapporto con l’altro, è come se mettessimo un freno all’attivazione del sistema nervoso simpatico e alle risposte di attacco/fuga, ovvero i principali comportamenti di mobilitazione legati alla difesa (Porges, 2018).
Eppure nel corso della nostra storia non sempre le cose vanno nel migliore dei modi: può capitare che le relazioni primarie (con chi si prende cura di noi e in generale con gli adulti di riferimento) non siano in grado di fornire terreno fertile per lo sviluppo di un buon grado di fiducia in sé e negli altri. In questo caso si parla stili di attaccamento insicuri.
L’insicurezza nel legame di attaccamento
Purtroppo a volte, nonostante le migliori intenzioni, le figure che si sono occupate di noi quando eravamo piccoli, vulnerabili e non autonomi non sono riuscite a costituire per noi una base sufficientemente sicura (Bowlby, 1989).
Le regioni possono essere svariate: difficoltà esterne che hanno reso difficoltoso assolvere al proprio compito genitoriale (difficoltà economiche che rendono necessari turni di lavoro lunghi, lutti importanti…), traumi e difficoltà emotive irrisolte, disturbi mentali, dipendenze, modelli genitoriali a loro volta poco efficaci…
Se il bambino non ha avuto la possibilità di sperimentare la sicurezza nel legame di attaccamento, ecco che questo potrebbe avere delle influenze sui rapporti successivi, in primis quelli di coppia.
Come abbiamo visto, infatti, le relazioni sentimentali coinvolgono anche il sistema di attaccamento, ovvero quel “modulo” che orienta i nostri comportamenti al fine di ottenere la vicinanza di una figure privilegiata.
Ovviamente il modo in cui l’attaccamento insicuro infantile può condizionare i legami successivi dipende in gran parte dal tipo di esperienze relazionali precoci.
Quando parliamo di persone, di soggettività, è difficile stabilire dei confini, attribuire etichette; tuttavia possiamo aiutarci osservando delle strutture e organizzazioni ricorrenti, per comprendere meglio i comportamenti di attaccamento messi in atto per mantenere il legame.
Mary Ainsworth (1985a; 1985b), attraverso la Strange Situation (una metodologia di osservazione strutturata), è riuscita a individuare nei bambini, oltre all’attaccamento sicuro, altri due pattern (stili) di attaccamento di tipo insicuro.
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Attaccamento insicuro ambivalente. È il pattern di attaccamento che caratterizza i bambini che hanno sperimentato un accudimento imprevedibile e scostante: talvolta la figura di riferimento accorre per fornire loro conforto, altre volte li lascia piangere senza fornire alcun tipo di risposta o, peggio, pare irritata dal loro disagio. In alcuni casi i genitori si mostrano iper-allarmati di fronte ai tentativi di esplorazione dei piccoli o alternano atteggiamenti di freddezza (magari proprio di fronte alle difficoltà del bambino) a comportamenti intrusivi (come ad esempio abbracciare il piccolo quando lui è coinvolto in attività autonome, agendo dunque sotto l’impulso di un bisogno personale più che del piccolo).
I bambini si creeranno una rappresentazione degli altri come imprevedibili; mentre costruiranno un’immagine di sé come vulnerabili, incapaci ed amabili in maniera intermittente. Questi bambini tenderanno ad enfatizzare le proprie emozioni di paura, rabbia e sconforto e mostreranno alti livelli di ansia da separazione; tale comportamento appare, infatti, come l’unico in grado di veicolare su di sé l’attenzione della figura di attaccamento. -
Attaccamento insicuro evitante. È lo stile di attaccamento che sviluppano i bambini che hanno sperimentato una figura di riferimento poco propensa alle dimostrazioni di affetto, poco incline al contatto fisico e non disposta a cogliere i segnali di disagio. In molti casi si tratta di genitori con una forte tendenza alla minimizzazione delle difficoltà (“Suvvia, che sarà mai, ti sembra il caso di piangere?”, “Non ti sarai mica spaventato per una sciocchezza simile?”, “Non fare tutte ste scene per nulla!”…), non abituati a validare i vissuti emotivi, fino ad arrivare alla critica e ridicolizzazione dell’espressione di emozioni negative (“Non fare il piagnucolone, solo i deboli piangono!”).
I bambini tenderanno a mostrarsi eccessivamente autonomi e indipendenti, per evitare di indispettire le figure di riferimento. Reprimeranno la manifestazione delle proprie emozioni, in particolare di paura, rabbia e tristezza. Costruiranno una rappresentazione dell’altro come non disponibile a fornire aiuto, a volte anche come ostile, e una rappresentazione di sé come di persona priva di valore per gli altri, che può dunque contare solo sulle proprie forze.
Crescendo, i modelli operativi interni, ovvero le rappresentazioni di sé e dell’altro strutturatesi a partire dai primi legami, orienteranno le relazioni successive.
Ma com’è possibile?
Interagendo con gli altri ci creiamo delle aspettative, ciò avviene in automatico, quasi al di fuori della consapevolezza. Ci immaginiamo come l’altro risponderà a determinati nostri comportamenti o richieste e queeste previsioni ci servono per regolare il nostro comportamento, al fine di raggiungere i nostri scopi.
Se ho imparato che l’altro non è interessato al mio vissuto emotivo, anzi tende a biasimare ogni segnale di vulnerabilità, sarò indotto a non manifestare le mie emozioni, perdendo così occasioni importanti per disconfermare e modificare la mia rappresentazione dell’altro.
Ecco come i modelli operativi interni tendono a rimanere invariati, pur non essendo immutabili.
Per questo possiamo trovare spesso un file rouge che lega la qualità dell’attaccamento infantile con quella delle relazioni sentimentali in età adulta.
Stili di attaccamento insicuro all’interno della coppia
Come si traducono gli stili di attaccamento insicuro all’interno della coppia?
Vediamo come i modelli operativi interni vanno ad influenzare gli atteggiamenti, la comunicazione e le dinamiche all’interno del legame di coppia.
Stile di attaccamento evitante, anche detto distanziante
Chi ha uno stile di attaccamento evitante, o distanziante, ha imparato che le emozioni non vanno espresse al fine di salvaguardare la relazione, poiché l’altro è infastidito dalle nostre “debolezze”. Questo innesca un forte timore circa l’intimità e la tendenza a non parlare dei propri vissuti, trincerandosi in un atteggiamento difensivo di chiusura. Ecco che la corazza di queste persone pare inscalfibile, il loro mondo interno è tenuto nascosto anche alle persone più vicine, del resto com’è possibile fidarsi dopo che si è stati respinti, se non addirittura ridicolizzati?!
Tali persone tendono a porre confini e limitare la relazione proprio nel momento in cui il legame si fa più stretto e intimo. Preferiscono rapporti più superficiali e brevi, conquiste rapide, proprio per evitare di attivare il sistema di attaccamento. Il ragionamento implicito (e inconsapevole!) è il seguente: “se tengo le persone a distanza, non potranno deludermi; se non mi affeziono, non potrò essere ferito”. Ecco che nonostante il desiderio di ottenere affetto, vengono attuati comportamenti distanzianti, strategie protettive funzionali un tempo, ma magari non più adeguate al contesto.
Le relazioni vengono dunque ostacolate dalla tendenza a mantenere una certa distanza protettiva: si fa fatica a mettersi in gioco nella relazione, ad esprimere i proprio sentimenti. Queste persone possono mettere in atto comportamenti quali non rispondere ai messaggi, passare giorni interi senza contatti con l’altro, coinvolgersi in attività, lavoro e hobbies più che nella relazione…
Chi presenta uno stile di attaccamento evitante fatica a sintonizzarsi sui bisogni del partner. Se l’altro è in difficoltà, risulta per loro difficile trovare modi efficaci per fornire supporto emotivo, del resto non hanno potuto sperimentare la vicinanza e l’accoglienza in prima persona, quando erano loro ad avere bisogno. Tendono dunque a minimizzare i problemi del partner o a non curarsene, dirigendo l’attenzione altrove.
Stile di attaccamento ambivalente ambivalente, anche detto invischiato in età adulta
Le persone con uno stile di attaccamento ambivalente, o invischiato, hanno sperimentato incostanza nei rapporti e temono che l’altro possa abbandonarli da un momento all’altro, anche perché non si sentono meritevoli d’amore.
La vicinanza e il supporto vengono avvertiti come qualcosa di fortemente precario. Ecco che allora ogni separazione viene confusa con un potenziale abbandono e le richieste di rassicurazione diventano insistenti. Queste persone continuano a ricercare conferme nel partner, si fanno controllanti, pretendono che l’altro sia sempre disponibile, risponda subito a chiamate e messaggi. Dietro a questi comportamenti intrusivi, alle gelosie eccessive si cela il vissuto: “Ehi, ci sarai per me se avrò bisogno di aiuto? Mi sento così perso da solo!”.
Ogni risposta del partner non pare sufficiente a colmare il loro bisogno di supporto e amore.
Talvolta queste persone si mostrano molto accudenti nei confronti del partner, tendendo ad anticipare ogni suo bisogno e ad assecondarlo, al fine di scongiurare il rischio di una rottura relazionale: “Se riesco a soddisfare ogni tuo bisogno, se riesco a rendermi indispensabile per te, non potrai abbandonarmi”.
Attaccamento insicuro. È possibile uscire dal circolo vizioso?
È evidente come un attaccamento insicuro possa impattare negativamente sulla possibilità di instaurare legami sentimentali soddisfacenti, portando spesso alla creazione di circoli viziosi logoranti, infruttuosi per il benessere del singolo e dell’altro. Eppure non aver introiettato un senso di sicurezza relazionale nei primi anni di vita non significa non poter curare le proprie ferite, arrivando a modificare i propri modelli operativi interni.
Nel corso della terapia l’esplorazione dei primi legami di attaccamento è molto importante, permette di individuare eventuali pattern comportamentali che si sono perpetuati nel corso della nostra storia, imprigionandoci in dinamiche dolorose. Se continuiamo a comportarci secondo modalità che ci causano dolore non è perché siamo “difettosi”, è solo che quei comportamenti sono stati la nostra unica ancora di salvezza in tempi passati.
In psicoterapia è possibile arrivare a “sentire” come certe risonanze del passato non riguardino più il qui ed ora, che è uno spazio nuovo, in cui poter sviluppare una nuova comprensione di noi stessi e degli altri.
Cosa significa cambiare e raggiungere un “attaccamento sicuro guadagnato”?
Lavorare su questi aspetti permette dunque la costruzione di rapporti maturi.
Da cosa si riconosce in breve che un rapporto è maturo?
- Ci si sente maggiormente in grado di sintonizzarsi sul proprio vissuto emotivo e su quello del partner, rispettando ciò che si sente e ciò che l’altro sente, in modo non critico o giudicante
- È più facile comunicare in modo efficace e comprendere come i nostri comportamenti determinino reazioni nell’altro
- Si è capaci di costruire dei confini sani: non c’è bisogno di allontanare l’altro né di “fonderci” con il partner. L’altro non costituisce né un pericolo, né è investito della responsabilità di soddisfare i nostri bisogni
- Ogni partner costituisce una base sicura per l’altro, una sicurezza da cui partire per crescere ed evolvere
BIBLIOGRAFIA
Ainsworth, M.D.S. (1985a). Pattern of infant-mother attachment: antecedents and effects on development. Bulletin of New York Accademy of Medicine, 61, 771-791.
Ainsworth, M.D.S. (1985b). Attachment across the life span. Bulletin of New York Accademy of Medicine, 61, 792-812.
Attili, G. (2004). Attaccamento e amore. Cosa si nasconde dietro la scelta del partner? Bologna: Il Mulino.
Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Porges, S.W. (2018).La guida alla teoria polivagale. Il potere trasformativo della sensazione di sicurezza. Roma: Giovanni Fiorentini Editore
Articolo Scritto dalla dott.ssa Verdiana Valagussa Psicologa e Psicoterapeuta riceve nella sede di Saronno del Centro Interapia. la dott.ssa Valagussa nel corso del 2022 ha prodotto diversi video su questa tematica all’interno del nostro canale youtube
Quando amare è faticoso. Attaccamento insicuro nelle relazioni di coppia Share on X