Con la parola trauma si fa riferimento ad un evento che avviene all’improvviso e che comporta la sensazione di essere in pericolo. Questo evento mette a rischio la sopravvivenza e l’integrità psichica. Tale pericolo porta a forte emozioni di paura e sensazioni di impotenza, l’uomo mette in atto azioni e comportamenti inconsapevoli per mettersi in sicurezza. Questi atti sono fisici, per esempio scappare dalla situazione di pericolo, ma anche mentali, come la dissociazione .

Come si manifestano i sintomi dopo un trauma?

La maggior parte di persone che ha subito un trauma riesce a recuperare spontaneamente; tuttavia, chi ha traumi complessi  può sviluppare molteplici sintomi che influenzano significativamente il suo funzionamento (van der Kolk, 2016).

I principali sintomi riscontrati sono:

  • Sintomi relativi alle esperienze traumatiche: alto stato di allerta, dissociazione, flashback del trauma, incubi;
  • Sintomi a livello di pensiero: convinzioni negative di sé e degli altri, scarse capacità di mentalizzazione, problemi di memoria e di attenzione;
  • Sintomi a livello sentimentale: difficoltà nella regolazione emotiva, irritabilità e talvolta rabbia controllata, anedonia, fobie, paura di perdere il controllo, depressione, forti emozioni di vergogna e colpa;
  • Sintomi a livello somatico: problemi di sonno, difficoltà respiratorie, problemi intestinali, cefalee;
  • Sintomi a livello comportamentale: difficoltà relazionali, difficoltà con i propri limiti, evitamento, comportamenti distruttivi e autolesionista.

Come possiamo comprendere i sintomi del trauma?

Il cervello umano è formato da tre parti (Struik,2010) e queste funzionano in momenti differenti a seconda dello stress percepito. In condizioni di sicurezza, le tre parti del cervello interagiscono e funzionano assieme.

Queste sono:

  • il cervello umano (corteccia): la parte più sviluppata e utilizzata in funzione più complesse, come quando parliamo, riflettiamo, pianifichiamo e ci organizziamo;
  • il cervello rettiliano (cervelletto): parte preposta alle funzioni di base del corpo, come il battito cardiaco e la respirazione;
  • il cervello mammifero (cervello limbico): parte preposta alle reazioni istintive in caso di pericolo. Il corpo passa a uno stato iperattivo e vengono messe in atto diverse risposte istintive: la fuga, il combattimento o l’immobilizzazione.

Siegel (1999) con il concetto “Finestra di Tolleranza” ha rappresentato come l’uomo affronta lo stress. La grandezza di una finestra dipende da persona a persona in base a: temperamento, esperienze vissute, grado di tolleranza dello stress e i vissuti traumatici. Infatti, chi ha vissuto un trauma sviluppa una finestra di tolleranza più piccola a causa del grande stress di fondo. Queste persone avvertono un costante senso di allarme e di insicurezza e, di conseguenza, hanno meno capacità di regolarizzare lo stress: poca pressione le fa “uscire” dalla finestra di tolleranza.

Il livello di stress cambia durante la giornata “fluttuando” all’interno della finestra. Finché si rimane all’interno, il cervello umano ci permette di agire e pensare in maniera adeguata. Quando la tensione aumenta troppo il cervello umano si disattiva e l’uomo viene guidato dal cervello mammifero e rettiliano: si agisce in maniera automatica e istintiva, senza pensare. Infatti in momenti di stress eccessivo non riusciamo più a pensare e consultarsi ma agiamo di impulso con il fine di sopravvivere.

Come si interviene sulle disregolazioni emotive a seguito di traumi?

Le persone vittime di traumi sono molto più sensibili allo stress ma anche loro possono imparare a funzionare il più possibile dentro la finestra. È importante comprendere quali sono i fattori che scatenano uno stress eccessivo (chiamati trigger) ed analizzare cosa succede di conseguenza – si attiva una catena di pensieri, emozioni e comportamenti spesso disfunzionali. Risulta quindi necessario costruire un pacchetto di strumenti di stabilizzazione per calmarsi.

All’interno di un percorso terapeutico con pazienti traumatizzati risulta primario creare un “ambiente stabile”. Per ottenerlo viene richesto un supporto attivo da parte del terapeuta e messo a disposizione un luogo di confort nel quale sentisi al sicuro. E’ importante che vengano riconosciuti e validati i problemi espressi, che si sottolineino i talenti e i punti di forza e che venga fornita una buona psicoeducazione sul trauma.

La maggior vulnerabilità allo stress per le vittime di trauma richiede una maggior stabilizzazione nei ritmi della vita quotidiana: routine, struttura e riti della giornata possono favorire una maggior regolazione. Si pone particolare attenzione a regolarizzare il sonno, l’alimentazione e i ritmi giornalieri/settimanali. Vengono inoltre fornite diverse tecniche di rilassamento e insegnate tecniche di stabilizzazione. Queste tecniche possono avere diversi obiettivi specifici, da condividere con il paziente, e hanno la funzione di riorientare il paziente e ancorarlo nel presente. Questi sono ottimi strumenti che aiutano il paziente quando rivive il trauma, quando si hanno incubi o quando la mente si focalizza su possibili scenari futuri o su ricordi passati.

Bibliografia

  • Siegel D. (1999), The developing mind; How relationships and the brain interact to shape who we are; The Guilford Press.
  • Stuik A. (2010); Slapede honden? Wakker maken! Een stabilisatiemethode voor chronisch getraumatiseerde kinderen; Pearson Benelux Clinical.
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